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Favole di Jean de La Fontaine, XIV - Simonide salvato dagli Dèi

Malerba ha detto, ed io gli do ragione, che la lode eccessiva mai non è per tre classi speciali di persone: gli dèi, le donne e i re. La lode il cor solletica alle belle, che si mostrano grate o tardi o presto, in quanto ai Numi si racconta questo: Simonide doveva un grande elogio scriver d'un atleta e non sapeva proprio cosa dire: l'atleta oltre la forza non aveva gran meriti ed i suoi, gente alla buona, vivean sì sconosciuti alla carlona, da fare disperar anche un poeta. Or che pensa Simonide? - Accozzate quattro parole intorno all'argomento, girò la vela al vento, e sparse d'eloquenza i più bei fiori su Castore e Polluce, che direi degli atleti i due santi protettori. Lodò le imprese, le battaglie e l'arti, onde brillano i due santi gemelli con tal copia di storie e fatterelli, che il loro panegirico occupò del discorso almen tre quarti. L'atleta udendo questo, assai poco contento, pagò del panegirico una parte e disse: - Va' da Castore e Polluce che del talento pagheranno il resto: ma perché non ti sembri villania, vieni oggi a desinare a casa mia che un boccon mangeremo allegramente in lieta compagnia -. Non volendo mostrarsi scompiacente, e per non perder forse anche quel poco, Simonide accettò. La brava gente fece onore al cuoco, si bevve e si mangiò, lieto ciascun del suo miglior umore. A un tratto entra correndo un servitore a dirgli che due giovani l'aspettano di fuori. Esce Simonide e restan gli altri a tavola per non perdere un tempo così bello.

Eran Polluce e Castore in persona, che dell'elogio in prima il ringraziarono, poi - Vattene, - gli dissero, - da questa casa che di fesso suona -. Ed ecco a un tratto una trave si schianta, cade il solaio, ed anfore e bicchieri e piatti rompe e va sopra ai coppieri. Inutil dir che quella gente ghiotta uscì pesta e storpiata. E per far la vendetta più salata, per conto del poeta, ebbe l'atleta anche una gamba rotta. La fama andò a sonar la sua trombetta per dritto e per traverso, e a un uomo tanto caro a Quei lassù si pagaron gli elogi il doppio che agli altri ed anche più. Ogni Bertoldo non guardava ai soldi pur d'avere un elogio da Simonide in lode degli antichi suoi Bertoldi. Tornando a bomba, io dico che l'incenso ai numi e ai pari lor non è mai troppo. E l'arte fa benissimo, mi pare, se dal lavor ritrae qualche compenso. Si stima l'arte che si fa pagare. Il favor che il potente all'arte dona a gloria sua ritorna. Già fu l'Olimpo amico all'Elicona.

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Malerba ha detto, ed io gli do ragione,
che la lode eccessiva mai non è
per tre classi speciali di persone:
gli dèi, le donne e i re.
La lode il cor solletica alle belle,
che si mostrano grate o tardi o presto,
in quanto ai Numi si racconta questo:

Simonide doveva
un grande elogio scriver d'un atleta
e non sapeva proprio cosa dire:
l'atleta oltre la forza non aveva
gran meriti ed i suoi, gente alla buona,
vivean sì sconosciuti alla carlona,
da fare disperar anche un poeta.
Or che pensa Simonide? - Accozzate
quattro parole intorno all'argomento,
girò la vela al vento,
e sparse d'eloquenza i più bei fiori
su Castore e Polluce, che direi
degli atleti i due santi protettori.
Lodò le imprese, le battaglie e l'arti,
onde brillano i due santi gemelli
con tal copia di storie e fatterelli,
che il loro panegirico
occupò del discorso almen tre quarti.

L'atleta udendo questo,
assai poco contento,
pagò del panegirico una parte
e disse: - Va' da Castore e Polluce
che del talento pagheranno il resto:
ma perché non ti sembri villania,
vieni oggi a desinare a casa mia
che un boccon mangeremo allegramente
in lieta compagnia -.

Non volendo mostrarsi scompiacente,
e per non perder forse anche quel poco,
Simonide accettò.
La brava gente fece onore al cuoco,
si bevve e si mangiò,
lieto ciascun del suo miglior umore.
A un tratto entra correndo un servitore
a dirgli che due giovani
l'aspettano di fuori. Esce Simonide
e restan gli altri a tavola
per non perdere un tempo così bello.

Eran Polluce e Castore in persona,
che dell'elogio in prima il ringraziarono,
poi - Vattene, - gli dissero, -
da questa casa che di fesso suona -.

Ed ecco a un tratto una trave si schianta,
cade il solaio, ed anfore e bicchieri
e piatti rompe e va sopra ai coppieri.
Inutil dir che quella gente ghiotta
uscì pesta e storpiata.
E per far la vendetta più salata,
per conto del poeta,
ebbe l'atleta anche una gamba rotta.

La fama andò a sonar la sua trombetta
per dritto e per traverso,
e a un uomo tanto caro a Quei lassù
si pagaron gli elogi
il doppio che agli altri ed anche più.
Ogni Bertoldo non guardava ai soldi
pur d'avere un elogio da Simonide
in lode degli antichi suoi Bertoldi.

Tornando a bomba, io dico che l'incenso
ai numi e ai pari lor non è mai troppo.
E l'arte fa benissimo, mi pare,
se dal lavor ritrae qualche compenso.
Si stima l'arte che si fa pagare.
Il favor che il potente all'arte dona
a gloria sua ritorna.
Già fu l'Olimpo amico all'Elicona.