×

Χρησιμοποιούμε cookies για να βελτιώσουμε τη λειτουργία του LingQ. Επισκέπτοντας τον ιστότοπο, συμφωνείς στην πολιτική για τα cookies.

image

Morte a Firenze Unedited, Morte a Firenze Unedited (1)

Morte a Firenze Unedited (1)

Presentazione

Firenze, ottobre 1966. Non fa che piovere. Un bambino scompare nel nulla e per lui si teme il peggio, forse un delitto atroce. Il commissario Bordelli indaga disperatamente, e durante le indagini arriva l'alluvione… La notte del 4 novembre l'Arno cresce, si ingrossa, va a lambire gli archi di Ponte Vecchio, supera gli argini e la città è travolta dalla furia delle acque. Le vie diventano torrenti impetuosi, la corrente trascina automobili, sfonda portoni e saracinesche, riversando nelle strade cadaveri di animali, alberi, mobili e detriti di ogni genere. Mentre la città è alle prese con quella inaspettata e inimmaginabile tragedia, il delitto sembra destinato a rimanere impunito, ma la tenacia di Bordelli non vien meno…

Marco Vichi è nato nel 1957 a Firenze e vive nel Chianti. È autore di racconti, testi teatrali e romanzi. Presso Guanda ha pubblicato i romanzi L'inquilino, Donne donne, Il brigante, Nero di luna, Un tipo tranquillo, la raccolta di racconti Perché dollari? e la serie dedicata al commissario Bordelli: Il commissario Bordelli, Una brutta faccenda e Il nuovo venuto. Ha inoltre curato le antologie Città in nero e Delitti in provincia. Il suo sito internet è wwwmarcovichi.it.

NARRATORI DELLA FENICE

Ma che colpa abbiamo noi (Cheryl's Goin' Home) Testo e Musica: Bob Lind

Testo italiano: Giulio Rapetti

© 1965 EMI Catalogue Partnership Italy S.r.l.

È la pioggia che va (Remember the Rain)

Testo e Musica: Bob Lind

Testo italiano: Giulio Rapetti

© 1971 EMI Catalogue Partnership Italy S.r.l.

Visita www.InfiniteStorieit

il grande portale del romanzo

ISBN 978-88-6088-394-0

© 2009 Ugo Guanda Editore S.p.A., Viale Solferino 28, Parma

Gruppo editoriale Mauri Spagnol

www.guanda.it

Prima edizione digitale 2011

Realizzato da Jouve

Quest´opera è protetta dalla Legge sul diritto d´autore.

È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

«E Cristo?» disse mia madre. «Ci ha salvati dal marciume.»

«È morto per niente» dissi, «il suo sacrificio non è servito a nulla I buoni si salvano, ma i cattivi, nulla da fare. E gli uomini sono cattivi.»

MALAPARTE

Firenze, ottobre 1966

Nel dormiveglia allungò una mano per cercare il corpo caldo di Elvira, ma trovò solo il ruvido lenzuolo di lino e si ricordò che lei se n'era andata. Si sdraiò sulla schiena e si mise a fissare il buio. Un'altra donna era entrata nella sua vita e ne era uscita in fretta, come un proiettile che trapassa la carne. Forse la donna che faceva per lui sarebbe nata fra cento anni, oppure era già nata, vissuta e morta. In ogni caso non l'avrebbe mai conosciuta. Ogni volta che si ritrovava nuovamente da solo, gli si affacciava davanti un mondo sconosciuto da ricostruire. Era un po' come rinascere, e sotto il malessere sentiva serpeggiare un senso di libertà.. Che ora poteva essere? Sbirciò le persiane e tra le stecche non vide nessun chiarore. Si sentiva a pezzi. La speranza che il ragazzino venisse ritrovato vivo si assottigliava ogni giorno di più. Il piccolo Giacomo era sparito nel nulla da cinque giorni. Tredici anni appena compiuti, capelli castani, occhi marroni, un metro e quarantasette. Un ragazzino tranquillo, studioso, obbediente. E se invece era soltanto scappato di casa? A tredici anni è normale fare qualche coglionata..

Avrebbe fatto i salti mortali perché le cose stessero in quel modo, ma non ci credeva nemmeno un po'. Ne parlava spesso con Piras, il suo giovane braccio destro, ma anche il sardo era pessimista. Non erano riusciti a fare un solo passo avanti, non avevano il minimo indizio a cui appigliarsi...

Il suono del campanello lo fece sobbalzare, e si ricordò del Botta. Era lunedì. Il suo amico ex galeotto gli aveva strappato la promessa di andare insieme a cercare funghi sulle colline, sopra Poggio alla Croce. Era il momento giusto, aveva detto il Botta. Dopo molte giornate di pioggia era uscito un po' di sole e le temperature erano salite Il lunedì era un ottimo giorno, niente famigliole a passeggio e pochi cacciatori. Bordelli non era un grande appassionato di funghi, non ci capiva nulla e non era mai andato a cercarli. Ma una camminata nei boschi gli avrebbe fatto bene. Pensare a quel ragazzino lo stava logorando.

Rotolò giù dal letto e si affacciò alla finestra, sentendo l'aria fresca sul viso. Il cielo era ancora nero, e sul marciapiede intravide appena un'ombra. «Ennio, sei te?» disse a voce bassa.

«No, sono la Befana..»

«Vieni su, ci prendiamo un caffè.» Richiuse i vetri senza fare troppo rumore, e a piedi nudi andò ad aprire la porta. S'infilò in fretta i pantaloni e si lavò il viso con l'acqua fredda per svegliarsi. Quando il Botta lo trovò in canottiera, allargò le braccia.

«Commissario, non mi dica che stava dormendo... Sono già le cinque e mezzo..»

«Metti su il caffè, faccio in un attimo.» Finì di vestirsi, prese dall'armadio un paio di vecchi scarponi e raggiunse il Botta in cucina. Mandarono giù il caffè in un sorso e uscirono. Nel silenzio di San Frediano, il motore del Maggiolino faceva un fracasso infernale. Sbucarono in piazza Tasso e voltarono a sinistra. Sotto il cielo nero viale Petrarca era deserto. Arrivarono a Porta Romana e imboccarono il viale di Poggio Imperiale. In salita il Maggiolino rombava come un carro armato.

«Promettimi una cosa, Ennio.»

«Sentiamo..»

«Se non troviamo funghi non metterti a piangere.»

«Lei sta dicendo una cosa impossibile, commissario. Ne troveremo così tanti che dovremo lasciarli.»

«Ne sei proprio sicuro?»

«Lei faccia il mestiere suo, che lo fa bene... ma lasci perdere quello che non sa.»

«Mi piacerebbe essere ottimista come te» Pensava al ragazzino scomparso, e si sentiva quasi in colpa a perdere tempo dietro ai funghi. Ma che poteva fare? Stare in ufficio a rodersi il fegato guardando le foto del piccolo Giacomo? A che sarebbe servito?

«Dobbiamo fare una cena a base di porcini» disse il Botta, sicuro di sé. Il commissario non rispose. Per il momento non aveva voglia di cene con gli amici, voleva prima ritrovare Giacomo Pellissari. Adesso però doveva smettere di pensarci. Sentiva il bisogno di far riposare il cervello. Girare a vuoto era molto più stancante che correre dietro alla preda.

Arrivarono a Poggio alla Croce con i fari ancora accesi, e parcheggiarono in uno spiazzo di erba umida. L'alba era vicina. La volta pallida del cielo sembrava un enorme guscio d'uovo Bordelli si mise gli scarponi e cominciarono a salire nell'aria fredda. Il sentiero era ripido, pieno di sassi e di fango. Il Botta avanzava con il paniere che gli oscillava a fianco. Dopo un minuto avevano tutti e due il fiatone, e dalle loro bocche uscivano sbuffi di vapore.

Oltre le colline il cielo diventò verdognolo, e gli uccelli del bosco cominciarono a impazzire. Nell'aria stagnava una nebbiolina che odorava di foglie marce. Bordelli vide scintillare nella penombra una sottile ragnatela carica di minuscole goccioline di brina, e si ricordò di un'alba del '44. Stava tornando da una pattuglia con sei uomini del suo plotone, e nell'oscurità aveva visto brillare delle goccioline proprio come quelle, lungo un filo sottile come un capello che correva orizzontale da un albero all'altro. Ma non era una ragnatela. Quel filo, strappandosi, azionava una mina «ballerina», una bomba che prima di scoppiare balzava in aria all'altezza della pancia Aveva visto morire diversi suoi compagni sventrati dalle schegge, per colpa di quei giocattoli. «Di qua, commissario» sussurrò il Botta, come se qualcuno potesse sentirli. Uscirono dal sentiero e si buttarono nel bosco, arrancando su per la salita aggrappandosi agli alberi più sottili. Bordelli osservava il cielo tra le chiome dei castagni. Vedere l'alba gli aveva sempre dato una grande malinconia, senza un motivo. Durante la guerra gli era capitato quasi tutti i giorni di vedere l'alba, e ogni volta aveva pensato che poteva essere l'ultima. Il cielo si tinse di viola, poi di arancione, e poco dopo fu giorno. Il Botta scrutava il terreno facendo deviazioni improvvise, come se seguisse un sentiero inesistente. A un tratto si bloccò per indicare qualcosa. Tra i lembi di nebbia alcuni cinghiali scappavano silenziosi verso la cima della collina, emanando vapori dalla pelliccia Per chi frequentava i boschi non doveva essere nulla di speciale, ma il commissario si sentì invadere da un'emozione infantile. Solo quando andava di pattuglia sulle colline gli era capitato di veder guizzare tra gli alberi qualche animale selvatico, e ogni volta aveva puntato il mitra con un tuffo al cuore. Adesso invece poteva godersi lo spettacolo.

Continuarono a salire. Il Botta non rallentava il passo, anzi a volte sembrava che accelerasse. Il commissario sentiva il cuore battere forte, e le sue gambe erano già affaticate. I cinquantasei anni e le sigarette si facevano sentire. E pensare che ai tempi del San Marco faceva anche venticinque chilometri al giorno con lo zaino pieno e le armi addosso.. Possibile che dovesse sempre pensare a quella sudicia guerra? Non poteva godersi tranquillamente la passeggiata?

Ogni tanto il Botta si chinava fino a terra per osservare strani funghi, alcuni esili e biancastri, altri scuri e turgidi, altri ancora fragilissimi, e con aria accigliata borbottava nomi scientifici o volgari. Ma li lasciava perdere e continuava a salire.

«Perché non lo prendi? È velenoso?» chiedeva Bordelli, seguendolo. Il Botta scuoteva il capo.

«O porcini o nulla» diceva con aria solenne, e ripiombava nel silenzio. A un tratto si fermò e sbarrò gli occhi.

«Che c'è?» chiese Bordelli, preoccupato. Il Botta lo guardò con gli occhi tondi.

«Lei non ci crederà, commissario.. ma io i porcini li sento, non ho bisogno di frugare ogni angolo del bosco.»

«Non ti preoccupare, conosco un ottimo psichiatra» disse Bordelli.

«Non ci crede, eh?»

«Ce la sto mettendo tutta.»

«Ecco...» fece il Botta ispirato.

«Che succede?»

«I funghi sono lassù.» Indicò verso l'alto, e un secondo dopo partì a gran velocità Il commissario lo lasciò andare avanti, non ce la faceva a stargli dietro. Sentiva ancora nelle gambe la cena della sera prima, alla trattoria di Cesare: pappardelle sulla lepre, arista con le patate e vino pugliese di Totò. Vide sparire il Botta dietro i tronchi neri dei castagni. Continuò a salire, sudando per la fatica. Dopo un quarto d'ora sbucò in un sentiero largo, e si fermò. «Ennio... ci sei?»

«Sono qua, commissario» frusciò la voce del Botta. Il commissario lo intravide una cinquantina di metri più in alto, chinato in mezzo al bosco Si rimise in marcia e lo raggiunse.

«Stia attento a non pestarli» disse il Botta, allarmato. Era inginocchiato, e con un normale pennello di setole stava spazzolando delicatamente dei grossi porcini. Tutto intorno ce n'erano a decine. «Allora è vero che li senti...» disse Bordelli, sinceramente stupito.

«Parlo mai a vanvera, commissario?» Ennio era serio, concentrato. Continuava a spazzolare i funghi con gesti che sembravano ispirati da una religione arcaica Bordelli doveva aspettare che il Botta finisse il suo lavoro, e si sedette sopra una roccia. Il suo sguardo rimbalzava fra i tronchi dei castagni, alla ricerca di un animale da spiare. L'unico movimento erano le foglie che cadevano dall'alto. Si staccavano all'improvviso e volteggiavano fino a terra, citando senza saperlo la famosa poesia. In quella pace silenziosa i pensieri del commissario tornarono a Giacomo Pellissari, ai suoi genitori disperati, alle lunghe discussioni con Piras... Possibile che un ragazzino potesse sparire così, nel nulla?

«Saranno almeno due chili» disse il Botta, soppesando il paniere colmo. Sorrideva come il vincitore di una battaglia.

«Sono sinceramente ammirato» sospirò il commissario, alzandosi in piedi

«Facciamo ancora un giro.» Ripresero a salire affondando i piedi tra le foglie morte, mentre i merli frullavano tra gli alberi. Avanzavano in silenzio, uno dietro l'altro. Ovviamente a guidare era il Botta.

«Ennio, posso chiederti una cosa?»

«Sentiamo...»

«Cos'è che fai adesso, per guadagnarti il pane?» «Sto parlando al commissario o all'uomo?» «All'uomo.» «Faccio quello che ho sempre fatto.»

«Il ladro e il truffatore?»

«Che brutte parole..»

«Non ne conosco altre.»

«Diciamo che applico una politica di ridistribuzione della ricchezza in attesa di leggi più oneste.»

«Sono commosso...»

«Quassù può piangere quanto vuole, non lo racconterò a nessuno» disse il Botta, continuando a scrutare il terreno.

«Perché non fai un lavoro normale, Ennio? Lo dico per te. Come fuorilegge sei sempre stato sfortunato, finisci sempre nei guai

Learn languages from TV shows, movies, news, articles and more! Try LingQ for FREE

Morte a Firenze Unedited (1) Death in Florence Unedited (1)

Presentazione

Firenze, ottobre 1966. Non fa che piovere. Un bambino scompare nel nulla e per lui si teme il peggio, forse un delitto atroce. Il commissario Bordelli indaga disperatamente, e durante le indagini arriva l'alluvione… La notte del 4 novembre l'Arno cresce, si ingrossa, va a lambire gli archi di Ponte Vecchio, supera gli argini e la città è travolta dalla furia delle acque. Le vie diventano torrenti impetuosi, la corrente trascina automobili, sfonda portoni e saracinesche, riversando nelle strade cadaveri di animali, alberi, mobili e detriti di ogni genere. Mentre la città è alle prese con quella inaspettata e inimmaginabile tragedia, il delitto sembra destinato a rimanere impunito, ma la tenacia di Bordelli non vien meno…

Marco Vichi è nato nel 1957 a Firenze e vive nel Chianti. È autore di racconti, testi teatrali e romanzi. Presso Guanda ha pubblicato i romanzi L'inquilino, Donne donne, Il brigante, Nero di luna, Un tipo tranquillo, la raccolta di racconti Perché dollari? e la serie dedicata al commissario Bordelli: Il commissario Bordelli, Una brutta faccenda e Il nuovo venuto. Ha inoltre curato le antologie Città in nero e Delitti in provincia. Il suo sito internet è wwwmarcovichi.it.

NARRATORI DELLA FENICE

Ma che colpa abbiamo noi (Cheryl's Goin' Home) Testo e Musica: Bob Lind

Testo italiano: Giulio Rapetti

© 1965 EMI Catalogue Partnership Italy S.r.l.

È la pioggia che va (Remember the Rain)

Testo e Musica: Bob Lind

Testo italiano: Giulio Rapetti

© 1971 EMI Catalogue Partnership Italy S.r.l.

Visita www.InfiniteStorieit

il grande portale del romanzo

ISBN 978-88-6088-394-0

© 2009 Ugo Guanda Editore S.p.A., Viale Solferino 28, Parma

Gruppo editoriale Mauri Spagnol

www.guanda.it

Prima edizione digitale 2011

Realizzato da Jouve

Quest´opera è protetta dalla Legge sul diritto d´autore.

È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

«E Cristo?» disse mia madre. «Ci ha salvati dal marciume.»

«È morto per niente» dissi, «il suo sacrificio non è servito a nulla I buoni si salvano, ma i cattivi, nulla da fare. E gli uomini sono cattivi.»

MALAPARTE

Firenze, ottobre 1966

Nel dormiveglia allungò una mano per cercare il corpo caldo di Elvira, ma trovò solo il ruvido lenzuolo di lino e si ricordò che lei se n'era andata. Si sdraiò sulla schiena e si mise a fissare il buio. Un'altra donna era entrata nella sua vita e ne era uscita in fretta, come un proiettile che trapassa la carne. Forse la donna che faceva per lui sarebbe nata fra cento anni, oppure era già nata, vissuta e morta. In ogni caso non l'avrebbe mai conosciuta. Ogni volta che si ritrovava nuovamente da solo, gli si affacciava davanti un mondo sconosciuto da ricostruire. Era un po' come rinascere, e sotto il malessere sentiva serpeggiare un senso di libertà.. Che ora poteva essere? Sbirciò le persiane e tra le stecche non vide nessun chiarore. Si sentiva a pezzi. La speranza che il ragazzino venisse ritrovato vivo si assottigliava ogni giorno di più. Il piccolo Giacomo era sparito nel nulla da cinque giorni. Tredici anni appena compiuti, capelli castani, occhi marroni, un metro e quarantasette. Un ragazzino tranquillo, studioso, obbediente. E se invece era soltanto scappato di casa? A tredici anni è normale fare qualche coglionata..

Avrebbe fatto i salti mortali perché le cose stessero in quel modo, ma non ci credeva nemmeno un po'. Ne parlava spesso con Piras, il suo giovane braccio destro, ma anche il sardo era pessimista. Non erano riusciti a fare un solo passo avanti, non avevano il minimo indizio a cui appigliarsi...

Il suono del campanello lo fece sobbalzare, e si ricordò del Botta. Era lunedì. Il suo amico ex galeotto gli aveva strappato la promessa di andare insieme a cercare funghi sulle colline, sopra Poggio alla Croce. Era il momento giusto, aveva detto il Botta. Dopo molte giornate di pioggia era uscito un po' di sole e le temperature erano salite Il lunedì era un ottimo giorno, niente famigliole a passeggio e pochi cacciatori. Bordelli non era un grande appassionato di funghi, non ci capiva nulla e non era mai andato a cercarli. Ma una camminata nei boschi gli avrebbe fatto bene. Pensare a quel ragazzino lo stava logorando.

Rotolò giù dal letto e si affacciò alla finestra, sentendo l'aria fresca sul viso. Il cielo era ancora nero, e sul marciapiede intravide appena un'ombra. «Ennio, sei te?» disse a voce bassa.

«No, sono la Befana..»

«Vieni su, ci prendiamo un caffè.» Richiuse i vetri senza fare troppo rumore, e a piedi nudi andò ad aprire la porta. S'infilò in fretta i pantaloni e si lavò il viso con l'acqua fredda per svegliarsi. Quando il Botta lo trovò in canottiera, allargò le braccia.

«Commissario, non mi dica che stava dormendo... Sono già le cinque e mezzo..»

«Metti su il caffè, faccio in un attimo.» Finì di vestirsi, prese dall'armadio un paio di vecchi scarponi e raggiunse il Botta in cucina. Mandarono giù il caffè in un sorso e uscirono. Nel silenzio di San Frediano, il motore del Maggiolino faceva un fracasso infernale. Sbucarono in piazza Tasso e voltarono a sinistra. Sotto il cielo nero viale Petrarca era deserto. Arrivarono a Porta Romana e imboccarono il viale di Poggio Imperiale. In salita il Maggiolino rombava come un carro armato.

«Promettimi una cosa, Ennio.»

«Sentiamo..»

«Se non troviamo funghi non metterti a piangere.»

«Lei sta dicendo una cosa impossibile, commissario. Ne troveremo così tanti che dovremo lasciarli.»

«Ne sei proprio sicuro?»

«Lei faccia il mestiere suo, che lo fa bene... ma lasci perdere quello che non sa.»

«Mi piacerebbe essere ottimista come te» Pensava al ragazzino scomparso, e si sentiva quasi in colpa a perdere tempo dietro ai funghi. Ma che poteva fare? Stare in ufficio a rodersi il fegato guardando le foto del piccolo Giacomo? A che sarebbe servito?

«Dobbiamo fare una cena a base di porcini» disse il Botta, sicuro di sé. Il commissario non rispose. Per il momento non aveva voglia di cene con gli amici, voleva prima ritrovare Giacomo Pellissari. Adesso però doveva smettere di pensarci. Sentiva il bisogno di far riposare il cervello. Girare a vuoto era molto più stancante che correre dietro alla preda.

Arrivarono a Poggio alla Croce con i fari ancora accesi, e parcheggiarono in uno spiazzo di erba umida. L'alba era vicina. La volta pallida del cielo sembrava un enorme guscio d'uovo Bordelli si mise gli scarponi e cominciarono a salire nell'aria fredda. Il sentiero era ripido, pieno di sassi e di fango. Il Botta avanzava con il paniere che gli oscillava a fianco. Dopo un minuto avevano tutti e due il fiatone, e dalle loro bocche uscivano sbuffi di vapore.

Oltre le colline il cielo diventò verdognolo, e gli uccelli del bosco cominciarono a impazzire. Nell'aria stagnava una nebbiolina che odorava di foglie marce. Bordelli vide scintillare nella penombra una sottile ragnatela carica di minuscole goccioline di brina, e si ricordò di un'alba del '44. Stava tornando da una pattuglia con sei uomini del suo plotone, e nell'oscurità aveva visto brillare delle goccioline proprio come quelle, lungo un filo sottile come un capello che correva orizzontale da un albero all'altro. Ma non era una ragnatela. Quel filo, strappandosi, azionava una mina «ballerina», una bomba che prima di scoppiare balzava in aria all'altezza della pancia Aveva visto morire diversi suoi compagni sventrati dalle schegge, per colpa di quei giocattoli. «Di qua, commissario» sussurrò il Botta, come se qualcuno potesse sentirli. Uscirono dal sentiero e si buttarono nel bosco, arrancando su per la salita aggrappandosi agli alberi più sottili. Bordelli osservava il cielo tra le chiome dei castagni. Vedere l'alba gli aveva sempre dato una grande malinconia, senza un motivo. Durante la guerra gli era capitato quasi tutti i giorni di vedere l'alba, e ogni volta aveva pensato che poteva essere l'ultima. Il cielo si tinse di viola, poi di arancione, e poco dopo fu giorno. Il Botta scrutava il terreno facendo deviazioni improvvise, come se seguisse un sentiero inesistente. A un tratto si bloccò per indicare qualcosa. Tra i lembi di nebbia alcuni cinghiali scappavano silenziosi verso la cima della collina, emanando vapori dalla pelliccia Per chi frequentava i boschi non doveva essere nulla di speciale, ma il commissario si sentì invadere da un'emozione infantile. Solo quando andava di pattuglia sulle colline gli era capitato di veder guizzare tra gli alberi qualche animale selvatico, e ogni volta aveva puntato il mitra con un tuffo al cuore. Adesso invece poteva godersi lo spettacolo.

Continuarono a salire. Il Botta non rallentava il passo, anzi a volte sembrava che accelerasse. Il commissario sentiva il cuore battere forte, e le sue gambe erano già affaticate. I cinquantasei anni e le sigarette si facevano sentire. E pensare che ai tempi del San Marco faceva anche venticinque chilometri al giorno con lo zaino pieno e le armi addosso.. Possibile che dovesse sempre pensare a quella sudicia guerra? Non poteva godersi tranquillamente la passeggiata?

Ogni tanto il Botta si chinava fino a terra per osservare strani funghi, alcuni esili e biancastri, altri scuri e turgidi, altri ancora fragilissimi, e con aria accigliata borbottava nomi scientifici o volgari. Ma li lasciava perdere e continuava a salire.

«Perché non lo prendi? È velenoso?» chiedeva Bordelli, seguendolo. Il Botta scuoteva il capo.

«O porcini o nulla» diceva con aria solenne, e ripiombava nel silenzio. A un tratto si fermò e sbarrò gli occhi.

«Che c'è?» chiese Bordelli, preoccupato. Il Botta lo guardò con gli occhi tondi.

«Lei non ci crederà, commissario.. ma io i porcini li sento, non ho bisogno di frugare ogni angolo del bosco.»

«Non ti preoccupare, conosco un ottimo psichiatra» disse Bordelli.

«Non ci crede, eh?»

«Ce la sto mettendo tutta.»

«Ecco...» fece il Botta ispirato.

«Che succede?»

«I funghi sono lassù.» Indicò verso l'alto, e un secondo dopo partì a gran velocità Il commissario lo lasciò andare avanti, non ce la faceva a stargli dietro. Sentiva ancora nelle gambe la cena della sera prima, alla trattoria di Cesare: pappardelle sulla lepre, arista con le patate e vino pugliese di Totò. Vide sparire il Botta dietro i tronchi neri dei castagni. Continuò a salire, sudando per la fatica. Dopo un quarto d'ora sbucò in un sentiero largo, e si fermò. «Ennio... ci sei?»

«Sono qua, commissario» frusciò la voce del Botta. Il commissario lo intravide una cinquantina di metri più in alto, chinato in mezzo al bosco Si rimise in marcia e lo raggiunse.

«Stia attento a non pestarli» disse il Botta, allarmato. Era inginocchiato, e con un normale pennello di setole stava spazzolando delicatamente dei grossi porcini. Tutto intorno ce n'erano a decine. «Allora è vero che li senti...» disse Bordelli, sinceramente stupito.

«Parlo mai a vanvera, commissario?» Ennio era serio, concentrato. Continuava a spazzolare i funghi con gesti che sembravano ispirati da una religione arcaica Bordelli doveva aspettare che il Botta finisse il suo lavoro, e si sedette sopra una roccia. Il suo sguardo rimbalzava fra i tronchi dei castagni, alla ricerca di un animale da spiare. L'unico movimento erano le foglie che cadevano dall'alto. Si staccavano all'improvviso e volteggiavano fino a terra, citando senza saperlo la famosa poesia. In quella pace silenziosa i pensieri del commissario tornarono a Giacomo Pellissari, ai suoi genitori disperati, alle lunghe discussioni con Piras... Possibile che un ragazzino potesse sparire così, nel nulla?

«Saranno almeno due chili» disse il Botta, soppesando il paniere colmo. Sorrideva come il vincitore di una battaglia.

«Sono sinceramente ammirato» sospirò il commissario, alzandosi in piedi

«Facciamo ancora un giro.» Ripresero a salire affondando i piedi tra le foglie morte, mentre i merli frullavano tra gli alberi. Avanzavano in silenzio, uno dietro l'altro. Ovviamente a guidare era il Botta.

«Ennio, posso chiederti una cosa?»

«Sentiamo...»

«Cos'è che fai adesso, per guadagnarti il pane?» «Sto parlando al commissario o all'uomo?» «All'uomo.» «Faccio quello che ho sempre fatto.»

«Il ladro e il truffatore?»

«Che brutte parole..»

«Non ne conosco altre.»

«Diciamo che applico una politica di ridistribuzione della ricchezza in attesa di leggi più oneste.»

«Sono commosso...»

«Quassù può piangere quanto vuole, non lo racconterò a nessuno» disse il Botta, continuando a scrutare il terreno.

«Perché non fai un lavoro normale, Ennio? Lo dico per te. Come fuorilegge sei sempre stato sfortunato, finisci sempre nei guai