×

Usamos cookies para ayudar a mejorar LingQ. Al visitar este sitio, aceptas nuestras politicas de cookie.


image

"Cuore" - Capitolo 5: Febbraio, Superbia. 11, sabato

Superbia 11, sabato E dire che Carlo Nobis si pulisce la manica con affettazione quando Precossi lo tocca, passando! Costui è la superbia incarnata perché suo padre è un riccone. Ma anche il padre di Derossi è ricco! Egli vorrebbe avere un banco per sé solo, ha paura che tutti lo insudicino, guarda tutti dall'alto al basso, ha sempre un sorriso sprezzante sulle labbra: guai a urtargli un piede quando s'esce in fila a due a due! Per un nulla butta in viso una parola ingiuriosa o minaccia di far venire alla scuola suo padre. E sì che suo padre gli ha dato la sua brava polpetta quando trattò da straccione il figliuolo del carbonaio! Io non ho mai visto una muffa compagna! Nessuno gli parla, nessuno gli dice addio quando s'esce, non c'è un cane che gli suggerisce quando non sa la lezione. E lui non può patir nessuno, e finge di disprezzar sopra tutti Derossi, perché è il primo, e Garrone perché tutti gli voglion bene. Ma Derossi non lo guarda neppure quant'è lungo, e Garrone, quando gli riportarono che Nobis sparlava di lui, rispose: - Ha una superbia così stupida che non merita nemmeno i miei scapaccioni. - Coretti pure, un giorno ch'egli sorrideva con disprezzo del suo berretto di pel di gatto, gli disse: - Va' un poco da Derossi a imparare a far il signore! - Ieri si lamentò col maestro perché il calabrese gli toccò una gamba col piede. Il maestro domandò al calabrese: - L'hai fatto apposta? - No, signore, - rispose franco. E il maestro: - Siete troppo permaloso, Nobis. - E Nobis, con quella sua aria: - Lo dirò a mio padre. - Allora il maestro andò in collera: - Vostro padre vi darà torto, come fece altre volte. E poi non c'è che il maestro, in iscuola, che giudichi e punisca. - Poi soggiunse con dolcezza: - Andiamo, Nobis, cambiate modi, siate buono e cortese coi vostri compagni. Vedete, ci sono dei figliuoli d'operai e di signori, dei ricchi e dei poveri, e tutti si voglion bene, si trattan da fratelli, come sono. Perché non fate anche voi come gli altri? Vi costerebbe così poco farvi benvolere da tutti, e sareste tanto più contento voi pure!... Ebbene, non avete nulla da rispondermi? - Nobis, ch'era stato a sentire col suo solito sorriso sprezzante, rispose freddamente: - No, signore. - Sedete, - gli disse il maestro. - Vi compiango. Siete un ragazzo senza cuore. - Tutto pareva finito così; ma il muratorino, che è nel primo banco, voltò la sua faccia tonda verso Nobis, che è nell'ultimo, e gli fece un muso di lepre così bello e così buffo, che tutta la classe diede in una sonora risata. Il maestro lo sgridò; ma fu costretto a mettersi una mano sulla bocca per nascondere il riso. E Nobis pure fece un riso; ma di quello che non si cuoce.

Superbia
11, sabato

E dire che Carlo Nobis si pulisce la manica con affettazione quando Precossi lo tocca, passando! Costui è la superbia incarnata perché suo padre è un riccone. Ma anche il padre di Derossi è ricco! Egli vorrebbe avere un banco per sé solo, ha paura che tutti lo insudicino, guarda tutti dall'alto al basso, ha sempre un sorriso sprezzante sulle labbra: guai a urtargli un piede quando s'esce in fila a due a due! Per un nulla butta in viso una parola ingiuriosa o minaccia di far venire alla scuola suo padre. E sì che suo padre gli ha dato la sua brava polpetta quando trattò da straccione il figliuolo del carbonaio! Io non ho mai visto una muffa compagna! Nessuno gli parla, nessuno gli dice addio quando s'esce, non c'è un cane che gli suggerisce quando non sa la lezione. E lui non può patir nessuno, e finge di disprezzar sopra tutti Derossi, perché è il primo, e Garrone perché tutti gli voglion bene. Ma Derossi non lo guarda neppure quant'è lungo, e Garrone, quando gli riportarono che Nobis sparlava di lui, rispose: - Ha una superbia così stupida che non merita nemmeno i miei scapaccioni. - Coretti pure, un giorno ch'egli sorrideva con disprezzo del suo berretto di pel di gatto, gli disse: - Va' un poco da Derossi a imparare a far il signore! - Ieri si lamentò col maestro perché il calabrese gli toccò una gamba col piede. Il maestro domandò al calabrese: - L'hai fatto apposta? - No, signore, - rispose franco. E il maestro: - Siete troppo permaloso, Nobis. - E Nobis, con quella sua aria: - Lo dirò a mio padre. - Allora il maestro andò in collera: - Vostro padre vi darà torto, come fece altre volte. E poi non c'è che il maestro, in iscuola, che giudichi e punisca. - Poi soggiunse con dolcezza: - Andiamo, Nobis, cambiate modi, siate buono e cortese coi vostri compagni. Vedete, ci sono dei figliuoli d'operai e di signori, dei ricchi e dei poveri, e tutti si voglion bene, si trattan da fratelli, come sono. Perché non fate anche voi come gli altri? Vi costerebbe così poco farvi benvolere da tutti, e sareste tanto più contento voi pure!... Ebbene, non avete nulla da rispondermi? - Nobis, ch'era stato a sentire col suo solito sorriso sprezzante, rispose freddamente: - No, signore. - Sedete, - gli disse il maestro. - Vi compiango. Siete un ragazzo senza cuore. - Tutto pareva finito così; ma il muratorino, che è nel primo banco, voltò la sua faccia tonda verso Nobis, che è nell'ultimo, e gli fece un muso di lepre così bello e così buffo, che tutta la classe diede in una sonora risata. Il maestro lo sgridò; ma fu costretto a mettersi una mano sulla bocca per nascondere il riso. E Nobis pure fece un riso; ma di quello che non si cuoce.