×

LingQをより快適にするためCookieを使用しています。サイトの訪問により同意したと見なされます クッキーポリシー.

image

Bertoldo e Bertoldino (col Cacasenno di Aldo Banchieri) - 1. Le sottilissime astuzie di Bertoldo, 08. Astuzia ingegnosa di Bertoldo, per non aver delle busse. Umor fantastico... [...] Risoluzione di donne.

08. Astuzia ingegnosa di Bertoldo, per non aver delle busse. Umor fantastico... [...] Risoluzione di donne.

Astuzia ingegnosa di Bertoldo, per non aver delle busse.

Andò dunque Bertoldo e prese un secchio di latte e secretamente lo portò nella camera del Re e serrò tutte le finestre, ed era mezogiorno ed entrando il Re nella camera venne a urtare nel detto secchio di latte e lo roversò tutto, e poco vi mancò ch'ei non cadesse con la faccia per terra; onde tutto irato fece aprire i balconi e, vedendo quel latte sparso per terra ed esso avere urtato in quel secchio, cominciò a gridare, dicendo: Re. Chi è stato colui che ha posto quel secchio di latte nella camera mia e ha serrato le finestre acciò ch'io v'urti dentro? Bertoldo. Sono stato quell'io, per provarti che il giorno è più bianco e più chiaro del latte, perché se il latte fosse stato più bianco del giorno egli t'avria fatto lume per la camera e non averesti urtato nel secchio, come hai fatto. Re. Tu sei un astuto villano e a ogni cesto trovi il suo manico. Ma chi è questo che viene in qua? Costui è un messo della Regina, certo, e ha una lettera in mano. Tirati un poco da banda, ch'io intenda quello che dice costui. Bertoldo. Io mi ritiro e il Ciel voglia ch'ella non sia trista nuova per me. Umor fantastico saltato nel capo alle donne della città.

Venne dunque il messo inanzi, e fatto la debita riverenza al Re, gli porse la carta in mano, il cui contenuto era questo, che le matrone di quella città, cioè le più nobili, bramavano, anzi pur dimandavano liberamente al Re di potere esse ancora entrare né consigli e reggimento della città, come erano i loro mariti, e metter fave e balottare, e udire le querele e sentenziare, e in conclusione di fare anch'esse tutto quello che facevano quelli del Senato e primati della città, allegando che ve n'erano state dell'altre che avevano retto imperii e regni con tanta prudenza, e più tal ora che non avevano fatto molti re e imperatori passati, e che molte erano uscite alla campagna armate e avevano diffesi i loro stati e regni valorosamente, e che perciò il Re non doveva rifiutarle ma accettarle e far partecipe ancor loro di quanto addimandavano, perché pur loro pareva strana cosa che gli uomini avessero il dominio d'ogni cosa e che esse fossero tenute per nulla; alludendo nel fine che tanto esse sariano secrete nelle cose d'importanza quanto gli uomini e forse più, e di ciò la Regina faceva molta instanza, raccomandandogli caldamente tal negozio. Letto il Re la lettera, e inteso la pazza domanda di queste femine, non sapeva che risoluzione si dovesse prendere; onde volto a Bertoldo gli narrò tutto il fatto, il quale prese fortemente a ridere, onde il Re alterato alquanto gli disse: Re. Tu ridi, manigoldo?

Bertoldo. Io rido per certo, e chi non ridesse adesso meritarebbe che gli fussero cavati tutti i denti.

Re. Perché?

Bertoldo. Perché queste donne ti hanno scorto per un babuino e non per Alboino, e per questo elle ti hanno fatto questa pazza domanda.

Re. A loro sta il domandare, a me il servirle.

Bertoldo. Tristo quel cane che si lascia prendere la coda in mano.

Re. Parla, ch'io t'intenda. Bertoldo. Triste quelle case che le galline cantano e il gallo tace.

Re. Tu sei come il sole di marzo, che commove e non risolve.

Bertoldo. A buono intenditore poche parole bastano.

Re. Cavamela fuori del sacco una volta.

Bertoldo. Chi vuol tener la casa monda, non tenghi polli né colomba.

Re. A proposito, chiodo da carro, vieni alla conclusione.

Bertoldo. Ch'intende, chi non intende, e chi non vuol intendere. Re. Chi s'impaccia con frasche, la minestra sa di fumo. Bertoldo. Che cosa vuoi tu da me, insomma?

Re. Io voglio il tuo consiglio in questa occasione.

Bertoldo. La formica chiede del pane alla cicala, adesso.

Re. So che tu hai ingegno e che sei copioso d'invenzioni, e però io voglio dare a te l'assunto di tutto questo negozio. Bertoldo. Se a me dai l'assonto di questo, non ti dubitare che presto te le caverò da torno; lassa pur far a me, che s'elle ti parlano mai più di questo fatto, io sono un cane. Re. Orsù, ingègnati di espedirle quanto prima.

Bertoldo. Lassa pur fare a me.

Astuzia di Bertoldo per cavare questo capriccio del capo alle dette femine.

Andò dunque Bertoldo in piazza e comprò un uccelletto, e lo pose in una scatola e portollo al Re dicendo che mandasse quella scatola così serrata alla Regina e che essa la mandasse a quelle donne e che gli commettesse espressamente che non l'aprissero e che la mattina seguente tornassero e che portassero la scatola così serrata che il Re gli farebbe loro la grazia di quanto chiedevano. Il messo prese la scatola e la portò alla Regina, la quale la consegnò alle dette matrone che in camera di lei stavano aspettare la risposta, commettendole espressamente da parte del Re che non dovessero in modo alcuno aprir la detta scatola e che tornassero il dì seguente, ch'elle avriano ottenuto tutto quello ch'esse desideravano dal Re. E così si partirono tutte consolate dalla Regina.

Curiosità di cervelli donneschi.

Partite che furono le dette femine dalla Regina, gli venne gran desiderio di vedere quello ch'era in detta scatola e cominciarono l'una con l'altra a dire: "Vogliamo noi veder quello che si rinchiude qui dentro?" Altre dicevano: "Non facciamo, perché abbiamo espressa commissione di non aprirla, perché forsi v'è dentro qualche cosa importante per il Re". "Che cosa vi può egli essere? - dicevano le più curiose - e poi se noi l'apriamo non sapremo ancora serrarla com'ella sta? Sì, sì, apriamola pure e siaci dentro quello che si voglia". Risoluzione di donne.

Al fine, dopo molti bisbigli fatti fra di loro, si risolsero di aprirla, né così tosto ebbero levato il coperchio, che l'uccello che v'era dentro spiegò l'ali e si levò in aere e volò via; onde ne restarono tutte confuse e di mala voglia, e tanto più poiché esse non poterono vedere che uccello si fusse quello, perché con tanta velocità se gli levò di vista che non poterono discernere s'egli era o passero o rosignuolo, perché se l'avessero veduto avrebbono forsi fatto instanza di averne uno simile a quello, e la mattina che seguiva avriano portato la scatola come l'avevano avuta e non vi saria stato male alcuno.

Learn languages from TV shows, movies, news, articles and more! Try LingQ for FREE

08. Astuzia ingegnosa di Bertoldo, per non aver delle busse. Umor fantastico... [...] Risoluzione di donne. 08. Bertoldo's ingenious cunning, to avoid getting knocked. Fantastic humor... [...] Resolution of women.

Astuzia ingegnosa di Bertoldo, per non aver delle busse.

Andò dunque Bertoldo e prese un secchio di latte e secretamente lo portò nella camera del Re e serrò tutte le finestre, ed era mezogiorno ed entrando il Re nella camera venne a urtare nel detto secchio di latte e lo roversò tutto, e poco vi mancò ch'ei non cadesse con la faccia per terra; onde tutto irato fece aprire i balconi e, vedendo quel latte sparso per terra ed esso avere urtato in quel secchio, cominciò a gridare, dicendo: Re. Chi è stato colui che ha posto quel secchio di latte nella camera mia e ha serrato le finestre acciò ch'io v'urti dentro? Bertoldo. Sono stato quell'io, per provarti che il giorno è più bianco e più chiaro del latte, perché se il latte fosse stato più bianco del giorno egli t'avria fatto lume per la camera e non averesti urtato nel secchio, come hai fatto. Re. Tu sei un astuto villano e a ogni cesto trovi il suo manico. Ma chi è questo che viene in qua? Costui è un messo della Regina, certo, e ha una lettera in mano. Tirati un poco da banda, ch'io intenda quello che dice costui. Bertoldo. Io mi ritiro e il Ciel voglia ch'ella non sia trista nuova per me. Umor fantastico saltato nel capo alle donne della città.

Venne dunque il messo inanzi, e fatto la debita riverenza al Re, gli porse la carta in mano, il cui contenuto era questo, che le matrone di quella città, cioè le più nobili, bramavano, anzi pur dimandavano liberamente al Re di potere esse ancora entrare né consigli e reggimento della città, come erano i loro mariti, e metter fave e balottare, e udire le querele e sentenziare, e in conclusione di fare anch'esse tutto quello che facevano quelli del Senato e primati della città, allegando che ve n'erano state dell'altre che avevano retto imperii e regni con tanta prudenza, e più tal ora che non avevano fatto molti re e imperatori passati, e che molte erano uscite alla campagna armate e avevano diffesi i loro stati e regni valorosamente, e che perciò il Re non doveva rifiutarle ma accettarle e far partecipe ancor loro di quanto addimandavano, perché pur loro pareva strana cosa che gli uomini avessero il dominio d'ogni cosa e che esse fossero tenute per nulla; alludendo nel fine che tanto esse sariano secrete nelle cose d'importanza quanto gli uomini e forse più, e di ciò la Regina faceva molta instanza, raccomandandogli caldamente tal negozio. Letto il Re la lettera, e inteso la pazza domanda di queste femine, non sapeva che risoluzione si dovesse prendere; onde volto a Bertoldo gli narrò tutto il fatto, il quale prese fortemente a ridere, onde il Re alterato alquanto gli disse: Re. Tu ridi, manigoldo?

Bertoldo. Io rido per certo, e chi non ridesse adesso meritarebbe che gli fussero cavati tutti i denti.

Re. Perché?

Bertoldo. Perché queste donne ti hanno scorto per un babuino e non per Alboino, e per questo elle ti hanno fatto questa pazza domanda.

Re. A loro sta il domandare, a me il servirle.

Bertoldo. Tristo quel cane che si lascia prendere la coda in mano.

Re. Parla, ch'io t'intenda. Bertoldo. Triste quelle case che le galline cantano e il gallo tace.

Re. Tu sei come il sole di marzo, che commove e non risolve.

Bertoldo. A buono intenditore poche parole bastano.

Re. Cavamela fuori del sacco una volta.

Bertoldo. Chi vuol tener la casa monda, non tenghi polli né colomba.

Re. A proposito, chiodo da carro, vieni alla conclusione.

Bertoldo. Ch'intende, chi non intende, e chi non vuol intendere. Re. Chi s'impaccia con frasche, la minestra sa di fumo. Bertoldo. Che cosa vuoi tu da me, insomma?

Re. Io voglio il tuo consiglio in questa occasione.

Bertoldo. La formica chiede del pane alla cicala, adesso.

Re. So che tu hai ingegno e che sei copioso d'invenzioni, e però io voglio dare a te l'assunto di tutto questo negozio. Bertoldo. Se a me dai l'assonto di questo, non ti dubitare che presto te le caverò da torno; lassa pur far a me, che s'elle ti parlano mai più di questo fatto, io sono un cane. Re. Orsù, ingègnati di espedirle quanto prima.

Bertoldo. Lassa pur fare a me.

Astuzia di Bertoldo per cavare questo capriccio del capo alle dette femine.

Andò dunque Bertoldo in piazza e comprò un uccelletto, e lo pose in una scatola e portollo al Re dicendo che mandasse quella scatola così serrata alla Regina e che essa la mandasse a quelle donne e che gli commettesse espressamente che non l'aprissero e che la mattina seguente tornassero e che portassero la scatola così serrata che il Re gli farebbe loro la grazia di quanto chiedevano. Il messo prese la scatola e la portò alla Regina, la quale la consegnò alle dette matrone che in camera di lei stavano aspettare la risposta, commettendole espressamente da parte del Re che non dovessero in modo alcuno aprir la detta scatola e che tornassero il dì seguente, ch'elle avriano ottenuto tutto quello ch'esse desideravano dal Re. E così si partirono tutte consolate dalla Regina.

Curiosità di cervelli donneschi.

Partite che furono le dette femine dalla Regina, gli venne gran desiderio di vedere quello ch'era in detta scatola e cominciarono l'una con l'altra a dire: "Vogliamo noi veder quello che si rinchiude qui dentro?" Altre dicevano: "Non facciamo, perché abbiamo espressa commissione di non aprirla, perché forsi v'è dentro qualche cosa importante per il Re". "Che cosa vi può egli essere? - dicevano le più curiose - e poi se noi l'apriamo non sapremo ancora serrarla com'ella sta? Sì, sì, apriamola pure e siaci dentro quello che si voglia". Risoluzione di donne.

Al fine, dopo molti bisbigli fatti fra di loro, si risolsero di aprirla, né così tosto ebbero levato il coperchio, che l'uccello che v'era dentro spiegò l'ali e si levò in aere e volò via; onde ne restarono tutte confuse e di mala voglia, e tanto più poiché esse non poterono vedere che uccello si fusse quello, perché con tanta velocità se gli levò di vista che non poterono discernere s'egli era o passero o rosignuolo, perché se l'avessero veduto avrebbono forsi fatto instanza di averne uno simile a quello, e la mattina che seguiva avriano portato la scatola come l'avevano avuta e non vi saria stato male alcuno.