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La Contessa di Karolystria by Antonio Ghislanzoni, CAPITOLO VII

Quella notte, don Fulgenzio aveva avuto il sonno leggero. Gli era parso di udire nella casa degli insoliti rumori. E poi.... (perchè dovremmo tacerlo?) una larva seducentissima di donna in sottana da abate non si era mai dipartita dal suo letto.

Per cacciare le tentazioni, si alzò prima di giorno, e attraversando l'anticamera, gettò l'occhio sulle vesti abbandonate la sera innanzi dalla signora ricoverata nel salottino. --Povera signora! sospirò il dabben prete, converrebbe che qualcuno provvedesse a far asciugare questi panni prima ch'ella si desti! Questo qualcuno... non potrei esser io?...

Detto fatto, don Fulgenzio adunò un bel cumulo di legna sul caminetto, accese un gran fuoco; e schierate a conveniente distanza dalla fiamma una mezza dozzina di seggiole, distese su quelle i drappi umidi e rattrappiti.

Un vapor bianco e molle si diffondeva nella stanza; le nari tumefatte del giovane sacerdote respiravano, colle esalazioni dell'idrogeno, due distinte fragranze di contessa e di visconte. Era pel casto don Fulgenzio la prima estasi peccaminosa che gli fosse accaduto di gustare in sua vita.

Un rumore di passi venne a riscuoterlo. Qualcuno saliva la scala frettolosamente.

Fosse la bella forestiera?...

No, Era il sagrestano della parrocchia, che affannato, coi cappelli irti, cogli occhi fuor dalle orbite, veniva ad irrompere nell'anticamera. --Che disgrazia! che orrore! chi avrebbe immaginato!...

--Calmatevi, Batacchio... Cos'è accaduto? domandò il coadiutore impallidendo.

--Cos'è accaduto!... Lei mi domanda cos'è accaduto? Ma dov'è il signor parroco? Presto! Corra a svegliarlo... Bisogna informarlo subito... Bisogna trovare un espediente.... Ah! Ella è qui, don Calendario!...

--Che rumore è codesto? disse il parroco avanzandosi mezzo svestito. Cosa vuole a quest'ora il nostro Batacchio? --Cosa voglio! Cosa voglio! riprende il sacrista giungendo le mani in atteggiamento disperato, vorrei che il Governo piantasse mille forche... --Ai fatti! ai fatti! interruppe il parroco, che cominciava a presentire qualche cosa di molto serio.

--Ebbene... i fatti eccoli qua, signor curato, e che il diavolo mi strozzi la moglie se io ci ho avuto un briciolo di colpa. Questa notte sono entrati dei ladri nella chiesa, ed han spogliato la santa imagine della nostra venerata patrona, strappandole di dosso le gonnelle, il gran manto a stelle d'oro.... infine, tutto quanto. --Spogliata... santa Dorotea! esclamano con espressione di orrore i due preti, fulminati da tale notizia.

E il sagrestano, singhiozzando: --Sì, tutto le han rubato gli scellerati... Della nostra santa benedetta non rimangono che le braccia, la testa e un imbottito di stoppa sorretto da due pali. --Nel giorno del centenario!

--Nel giorno della processione!

I due preti parevano impietriti.

Don Fulgenzio guardava don Calendario; don Calendario guardava don Fulgenzio, e il sacrista, favorito dallo strabismo, guardava l'uno e l'altro ad un tempo. Dopo un istante di silenzio, girando gli occhi verso il caminetto, il parroco fu colpito da una idea.

--Se quelle vesti si attagliassero al fusto della santa! se alla signora arrivata questa notte non increscesse... --Ma questa è una ispirazione del cielo! esclama don Fulgenzio.

Il sagrestano, accostatosi al caminetto, si diede a svolgere le stoffe ammirando ed approvando.

L'abito era stupendo, la gran ciarpa trapunta in oro poteva fornire uno splendido manto; il cappello piumato, a dire del sagrestano, si conveniva mirabilmente ad una santa che doveva sfidare il sole nella processione. Con quattro colpi di spazzola e una ripassata di funi in meno di dieci minuti si aveva un'acconciatura da far invidia allo regine di tarocco. --Quel che s'ha a fare, si faccia presto! disse il parroco; tu, Batacchio, va a svegliare tua moglie; ella stira perfettamente ed è donna da serbare un segreto. Don Fulgenzio, che quando vuole sa mettere il miele tra i punti e le virgole, scenderà nel salottino a interceder grazia dalla signora... Poi, si andrà in sagrestia a rivestire la santa, e all'ora della messa pontificale ogni cosa sarà in ordine. Vi pare che io dica bene?

Don Fulgenzio in quattro salti fu al fondo della scala.

Una commozione non mai provata agitava i suoi nervi. Svegliare una donna! Per un prete, confessiamolo, la missione era delicata e non scevra di pericoli.

Bussò leggermente all'uscio del salottino. Nessuna risposta.

Bussò una seconda volta: silenzio.

Don Fulgenzio sentiva i brividi dell'ignoto. Alla fine, dischiudendo la porta leggermente, come un ignoto ladro od un amante _furtivo_, spinse innanzi la testa, Il salottino era buio... Atterrito dalle tenebre e dal silenzio, don Fulgenzio si avanzò sulla punta dei piedi e aperse le imposte. --Bontà divina! esclamò il prete dando un balzo che lo inchiodò alla parete.

Al prorompere della luce era insorto da un angolo della stanza un vagito stridulo e mordente, e gli occhi di don Fulgenzio, vitrei, spalancati, grossi di linfe epatica, si affissavano con terrore sovra un bambinello color scarlatto, che scalpitava come un piccolo ossesso tra le ripiegature di un tovagliolo.

L'inaspettato istupidisce; il misterioso terrifica. Don Fulgenzio voleva gridare, voleva fuggire; ma la voce non gli usciva dalla strozza, le gambe non lo reggevano.

Egli era preso da una vertigine di stupore e di sgomento.

Il parroco ed il sacrista, dopo aver atteso un quarto d'ora l'esito dell'ambasciata, discesero a loro volta nel salottino. La loro sorpresa al vedere un neonato laddove immaginavano di trovare una signora, fu pari a quella che aveva colpito don Fulgenzio.

Rimasero a bocca aperta, impietriti. L'espressione di quei tre volti da prete e da sagrestano era identica come identiche le apprensioni e le congetture. Il sole (perfino il sole, è tutto dire!) affacciandosi alla finestra sonnolento e stralunato, faceva degli sberleffi non più veduti.

Alla fine, il parroco, che dei quattro personaggi colà adunati era il solo che avesse ancora la testa a segno, prese gravemente la parola: --Degli avvenimenti inesplicabili si succedono d'ora in ora, di minuto in minuto, sotto i nostri occhi; avvenimenti quasi miracolosi, nei quali io sarei lieto di riconoscere il provvidenziale intervento della mano celeste, se non avessi la ferma convinzione che l'influenza tenebrosa di Satana vi abbia parte. Batacchio: prendetevi fra le braccia quel marmocchio e vedete se vi riesce di calmarlo... Le sue strida mi spezzano il filo delle idee... --Ciò che più urge, secondo il mio debole avviso, sarebbe di provvedere al collocamento di questo effetto mobile, esportandolo dalla nostra casa colla maggior sollecitudine. I tempi sono tristi, la stampa imperversa sul clero, e questo effetto potrebbe divenir causa di scandalo. A momenti deve giungere il vescovo.... Che direbbe monsignore, se al metter piede in queste soglie, avesse a sorprendere questo frutto di provenienza sospetta che può dar luogo ai più sfavorevoli commenti?

--Un cuore mondo e una coscienza illibata non temono il giudizio degli uomini, nè il giudizio di Dio!

Questa sentenza, proferita con accento solenne, era partita dalla soglia del salottino.

Tutti gli occhi si volsero da quel lato.

Un nuovo personaggio dall'aspetto maestoso, avvolto in una zimarra nera filettata di seta rossiccia, con una croce d'oro pendente sul petto, infine... (affrettiamoci a presentarlo) monsignor De-Guttinga, vescovo di Rosinburgo, era apparso sulla soglia. Questa nuova sorpresa, dopo le tante che si eran succedute in quella casa da mezzanotte al mattino, non produsse negli astanti lo stupore che il degno prelato si attendeva. Le grandi commozioni si elidono.

--Per snodare le gambe, riprese il vescovo colla sua voce rotonda e pastosa da prelato soddisfatto, son sceso dalla carrozza all'ingresso del paese ed ho proseguito a piedi fino al vostro tetto. Nella mia lunga carriera ecclesiastica mi son preso parecchie volte questa licenza tollerata dai canoni, onde evitare le dimostrazioni chiassose e le cerimonie stucchevoli; ma giammai mi è accaduto di sorprendere un parroco, un coadiutore ed un sagrestano, che in una giornata di grande solennità, al momento in cui la chiesa reclama più urgentemente i loro uffici, stessero raccolti in un salotto a deliberare sui mezzi di sottrarre un neonato alla vista del loro vescovo. Don Calendario!!! attendo una spiegazione!!!

L'onesto parroco, di tal guisa interpellato, senza ostentazione, colla franchezza dell'uomo incolpevole, espose in brevi parole i fatti che noi sappiamo. --La notte scorsa, mentre imperversava l'uragano, una signora venne a chieder ricetto... --L'esordio è romanzesco, e mi interessa vivamente. --Noi l'abbiamo ricoverata, le abbiamo prestato i nostri abiti, le abbiam permesso di passare la notte in questo salottino. --Fin qui non trovo argomento di censura.

--Questa mattina don Fulgenzio discende per dar la sveglia alla signora, e in luogo della signora, trova su quel divano il bambinello che qui vedete.... Il fatto ci parve così strano, così fuori dell'ordine naturale... --Il fatto sarebbe più strano, interruppe il vescovo che amava la barzelletta, se la persona che vi ha lasciato in deposito quell'oggetto fragile fosse stato un maschio piuttosto che una femmina... Don Calendario: so che siete un onest'uomo, un sacerdote esemplare, ed io presto piena fede alle vostre leali spiegazioni. Ciò che vi ha di poco naturale nella graziosa istoriella che avete narrata è che voi, ammettendo nella casa una persona sconosciuta, non l'abbiate richiesta del nome. --È vero! non ci abbiamo pensato, disse il parroco, e frattanto, ella se n'è andata coi nostri abiti indosso... --Coi vostri abiti indosso!... Ma... dunque... le sue vestì?...

--Son là sopra, nell'anticamera; e vi giuro, monsignore, che mai non mi è accaduto di vedere un più splendido abbigliamento di donna. --Ma non avete qualche indizio? non avete tentato di scoprire?... Su quelle gonne non vi era una cifra?...

--Ah! sclamò don Fulgenzio battendosi la fronte; vedete lo smemorato! Ma... sicuro! Nelle taschetto della sottana c'era un portafogli... Io l'ho levato prima di mettere i drappi ad asciugare, e l'ho posto sul traversino del portapanni. --Presto, dunque! andate a prendere quel portafogli!... Che volete, figliuoli? Nella mia lunga carriera ecclesiastica non ho mai sentito vibrare così potentemente gli stimoli della curiosità... Si direbbe un presentimento.... Ma.... ecco don Fulgenzio col portafogli... Bravo! date qua! apriamo... Delle carte... una ricevuta del Monte... due biglietti del lotto... un biglietto di visita... sì, questo è un biglietto di visita... Ora sapremo il nome... Leggiamo, cioè... leggete voi, don Calendario.... Ho dimenticato gli occhiali nella carrozza... Nella mia lunga carriera ecclesiastica ciò non mi è accaduto che due volte.

Don Calendario prese la cartolina, e facendo spiccare le sillabe, declinò il nome della contessa Anna Maria di Karolystria.

--La contessa!... Anna Maria! esclamò il vescovo balzando innanzi due passi.

--La contessa Anna Maria di Karolystria, ripetè il parroco avanzandosi per sorreggere il monsignore che pareva vacillasse sotto il peso di una forte commozione.

--La contessa di Karolystria!... Mia nipote!... Me l'ero figurato!... Non c'è che lei, non c'è che lei per giuocare di queste farse! Sagrestano: tenete ritto quel bambino... badate che non caschi.... che non si sciupi.... Caspita! è un mio pronipote.... Sì! sì! voglio darmi la soddisfazione di battezzarlo io... Frattanto, muovetevi... fate di trovare una balia... in mancanza di balia una capra... una lupa... Romolo fu ben allattato da una lupa... Su, dunque! spicciatevi! Ma dove sarà andata a ficcarsi la contessa? Bisogna cercarla... condurla qui... rivestirla dei suoi panni... Nella mia lunga carriera ecclesiastica non ricordo di aver mai provata una scossa più violenta di questa.

Così parlando, il vescovo si era lasciato cadere su di una poltrona.

Gli astanti, attoniti, confusi, preoccupati da altre urgenze gravissime, in luogo di affrettarsi ad eseguire gli ordini ricevuti, facevano delle pazze evoluzioni intorno alla tavola, tornando sempre sul posto d'onde erano partiti. A crescere gli imbarazzi, a produrre un più strano scompiglio nelle idee, intervenne un nuovo personaggio.

Era un bell'uomo, di struttura atletica, dall'occhio grifagno, che portava l'allarmante divisa dei commissari di polizia. Entrato, fece un inchino a sua eminenza, e avanzandosi con militare spigliatezza, disse di avere un dispaccio da consegnare al reverendo parroco del paese.

--Donde viene questo dispaccio? chiese il vescovo ansiosamente.

--Ho mille ragioni per credere che sia piovuto dal cielo, rispose il commissario sorridendo. Mi è caduto sul naso poco fa, mentre stavo in agguato dietro il campanile spiando lo mosse di un nihilista... Sulla soprascritta c'era l'indirizzo del signor parroco, e mi sono affrettato... --Nessuno si muova! gridò il vescovo lanciando un'occhiata significante sul commissario; probabilmente in quel dispaccio si contengono delle rivelazioni d'importanza, che daranno un gran da fare a noi tutti. Leggete, don Calendario!

Il parroco sciolse il piego, e lesse a voce alta: «Passeggiando per diporto sulla cima del campanile, e colpito proditoriamente da un sacro bronzo nelle adiacenze dell'osso parimente sacro, mi trovo ridotto all'assoluta impotenza di scendere colle mie forze da questa alta ma altrettanto falsa posizione. Faccio dunque appello alla nota carità di V. S. reverendissima, acciò voglia affrettarsi a mandare quassù il miglior medico del paese, perché esamini la mia ferita, giudichi e provveda a norma del caso.

»In attesa di pronti soccorsi, la ringrazio anticipatamente ed ho l'onore di segnarmi »Conte BRADAMANO DI KAROLYSTRIA.» Quella lettera sollevò un mormorio. --Silenzio tutti! tuonò il vescovo balzando dalla seggiola; dinanzi a una complicazione sì arruffata, convien riflettere al nesso piuttosto che alla singolarità degli accidenti, e procedere alla scoperta del vero rimontando dal noto all'incognito. Ora, agli altri accidenti noti si aggiunge quello di uno stordito che va a passeggiare in cima d'un campanile mentre il suo posto dovrebb'essere al capezzale della moglie o presso la culla del suo primogenito.... Vediamo se ci riesce, col sistema delle induzioni, di trovare la spiegazione logica di una coincidenza così anormale. --Perdoni l'eminenza vostra colendissima, disse il commissario inchinandosi rispettosamente, se ardisco esporle un precedente dal quale potrà riflettersi qualche luce sull'avvenimento che la preoccupa. A noi consta che sua eccellenza il conte Bradamano di Karolystria va da qualche tempo soggetto a degli accessi di pazzia furiosa. Ieri sera, a Borgoflores, è occorso a me, che ho l'onore di parlarvi, di assistere ad una scena... Basti dire che il signor conte era siffattamente uscito di senno, da non riconoscere la propria moglie, e ha dato in tali escandescenze, da obbligarmi ad invocare lo intervento delle guardie del manicomio. --Ora comincio a comprendere, disse il vescovo; povera contessa! disgraziata nipote! Maritata ad un pazzo!... Io già ne sapeva qualche cosa... Fortunatamente le leggi provvedono... Dio! chi mi aiuta a raccoglier le fila di questa matassa?...

Ma il buon prelato non ebbe tempo di raccogliere un sol filo, che un elegante zerbinotto, seguito da un domestico, entrò nella sala.

Era un biondo dal profilo delicato, dalla tinta rosea, dagli occhi sfavillanti. Due baffi esagerati, da pompiere libertino, costituivano il solo accessorio canagliesco del suo volto aristocratico e geniale.

Salutò gli astanti con garbo disinvolto, da uomo pressato di andarsene; e facendo avanzare il domestico che recava sulle braccia un involto, gli accennò di posarlo sulla tavola.

Non farò a' miei lettori il torto di dubitare ch'essi non abbiano, sotto l'ombra dei baffi posticci, riconosciuto il visconte Daguilar. --La illustrissima signora contessa di Karolystria, disse il visconte, mi diè incarico di restituire a codesti egregi sacerdoti i venerandi indumenti che ieri notte si compiacquero di prestarle; la signora contessa desidera parimenti che i suoi degni ospiti, a pegno della sua riconoscenza, serbino le vesti da lei smesse per farne quell'uso che alle loro signorie reverendissime potrà sembrare più utile. A tali parole, il parroco, in un guizzo di gioia, strizzò l'occhio al sagrestano, e questi, trasmesso a don Fulgenzio il marmocchio, lesto come uno scoiattolo uscì dal salottino. --Finalmente i gruppi vengono al pettine! esclamò il vescovo fregandosi le mani allegramente, ora potremo anche sapere dove sia andata a nicchiarsi quella pazzarella di nostra nipote, le cui sventatezze ci tengono in tanta apprensione.

--La signora contessa di Karolystria è alloggiata all'albergo del _Pappagallo_, disse il visconte; è arrivata questa mattina innanzi giorno, e mi duole di dover soggiungere ch'essa è alquanto sofferente. --Lo credo, io! disse il vescovo lanciando un'occhiatina dolce al bambino; questa sera, dopo i vespri, andrò da lei... Frattanto, vediamo di sbrigare l'altre faccende. Il conte di Karolystria reclama dal campanile la visita di un medico... Malgrado i suoi molti torti, egli è pure un cristiano come noi, ed è giusto che gli prestiamo assistenza... Si tratta anche di constatare se il cervello di quel disgraziato versi, come afferma il signor commissario qui presente, in condizioni anormali; nel qual caso si penserà immediatamente a separarlo dalla moglie con un atto regolare di divorzio... Dunque... all'opera! qualcuno vada in cerca del medico... --Di questo mi incarico io, disse il visconte.... --Sarebbe altresì a desiderarsi, proseguì il vescovo con accento più mite, che altri si incaricasse di presentare a quel padre disgraziato il primo frutto dei suoi travagli legittimi... --Anche di questo mi incarico io! replicò il visconte, impossessandosi del neonato.

--Voi!... voi!... sempre voi!... esclamò il vescovo con un movimento di impazienza--ma... noi... noi... anche noi... Non si potrebbe, per grazia, aver l'onore di conoscere il riverito nome di vostra signoria? --Io mi chiamo Ludovick, e discendo dalla illustre famiglia dei visconti Daguilar di Salispana.

--Daguilar!... non mi è nuovo questo nome.... Credo anzi che un Daguilar abbia sposato in terze nozze una de Guttinga di Birtoldania... Sta a vedere che siamo parenti!

--Tutto mi induce a supporto, disse il visconte baciando rispettosamente l'anello sulla mano che il vescovo gli stendeva. --Dunque... se non m'inganno... abbiamo pensato a tutto. Voi, commissario, accompagnerete il visconte ed il medico nella loro escursione al campanile. Sarà bene che assistiate al consulto per inviare subito un rapporto alla prefettura... Nella mia lunga carriera ecclesiastica mi è sovente accaduto... Ma questa volta l'intercalare favorito del vescovo venne troncato a mezzo da un rumore partito dal cortile, Erano le carrozze che conducevano il caudatario, il crocifero ed altri prelati del seguito di sua Eminenza. La casa parrocchiale brulicava di clero e di popolo.

Di là a pochi minuti, monsignore De Guttinga saliva agli appartamenti superiori conversando col visconte a voce animatissima, e traendo dietro i suoi passi una coda di prelati.

Don Fulgenzio, attraversando l'anticamera, notò con soddisfazione che gli abiti della contessa non erano più là. Il degno sagrestano aveva compreso la sua strizzata d'occhi; si era impossessato di quegli abiti, li aveva fatti ripulire e stirare dalla moglie, ed ora, nella sagrestia, stava compiendo con quelli la trasfigurazione di santa Dorotea.

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Quella notte, don Fulgenzio aveva avuto il sonno leggero. Gli era
parso di udire nella casa degli insoliti rumori. E poi.... (perchè
dovremmo tacerlo?) una larva seducentissima di donna in sottana da
abate non si era mai dipartita dal suo letto.

Per cacciare le tentazioni, si alzò prima di giorno, e attraversando
l'anticamera, gettò l'occhio sulle vesti abbandonate la sera innanzi
dalla signora ricoverata nel salottino.

--Povera signora! sospirò il dabben prete, converrebbe che qualcuno
provvedesse a far asciugare questi panni prima ch'ella si desti!
Questo qualcuno... non potrei esser io?...

Detto fatto, don Fulgenzio adunò un bel cumulo di legna sul caminetto,
accese un gran fuoco; e schierate a conveniente distanza dalla fiamma
una mezza dozzina di seggiole, distese su quelle i drappi umidi e
rattrappiti.

Un vapor bianco e molle si diffondeva nella stanza; le nari tumefatte
del giovane sacerdote respiravano, colle esalazioni dell'idrogeno, due
distinte fragranze di contessa e di visconte. Era pel casto don
Fulgenzio la prima estasi peccaminosa che gli fosse accaduto di
gustare in sua vita.

Un rumore di passi venne a riscuoterlo. Qualcuno saliva la scala
frettolosamente.

Fosse la bella forestiera?...

No, Era il sagrestano della parrocchia, che affannato, coi cappelli
irti, cogli occhi fuor dalle orbite, veniva ad irrompere
nell'anticamera.

--Che disgrazia! che orrore! chi avrebbe immaginato!...

--Calmatevi, Batacchio... Cos'è accaduto? domandò il coadiutore
impallidendo.

--Cos'è accaduto!... Lei mi domanda cos'è accaduto? Ma dov'è il signor
parroco? Presto! Corra a svegliarlo... Bisogna informarlo subito...
Bisogna trovare un espediente.... Ah! Ella è qui, don Calendario!...

--Che rumore è codesto? disse il parroco avanzandosi mezzo svestito.
Cosa vuole a quest'ora il nostro Batacchio?

--Cosa voglio! Cosa voglio! riprende il sacrista giungendo le mani in
atteggiamento disperato, vorrei che il Governo piantasse mille
forche...

--Ai fatti! ai fatti! interruppe il parroco, che cominciava a
presentire qualche cosa di molto serio.

--Ebbene... i fatti eccoli qua, signor curato, e che il diavolo mi
strozzi la moglie se io ci ho avuto un briciolo di colpa. Questa notte
sono entrati dei ladri nella chiesa, ed han spogliato la santa imagine
della nostra venerata patrona, strappandole di dosso le gonnelle, il
gran manto a stelle d'oro.... infine, tutto quanto.

--Spogliata... santa Dorotea! esclamano con espressione di orrore i
due preti, fulminati da tale notizia.

E il sagrestano, singhiozzando:

--Sì, tutto le han rubato gli scellerati... Della nostra santa
benedetta non rimangono che le braccia, la testa e un imbottito di
stoppa sorretto da due pali.

--Nel giorno del centenario!

--Nel giorno della processione!

I due preti parevano impietriti.

Don Fulgenzio guardava don Calendario; don Calendario guardava don
Fulgenzio, e il sacrista, favorito dallo strabismo, guardava l'uno e
l'altro ad un tempo. Dopo un istante di silenzio, girando gli occhi
verso il caminetto, il parroco fu colpito da una idea.

--Se quelle vesti si attagliassero al fusto della santa! se alla
signora arrivata questa notte non increscesse...

--Ma questa è una ispirazione del cielo! esclama don Fulgenzio.

Il sagrestano, accostatosi al caminetto, si diede a svolgere le stoffe
ammirando ed approvando.

L'abito era stupendo, la gran ciarpa trapunta in oro poteva fornire
uno splendido manto; il cappello piumato, a dire del sagrestano, si
conveniva mirabilmente ad una santa che doveva sfidare il sole nella
processione.

Con quattro colpi di spazzola e una ripassata di funi in meno di dieci
minuti si aveva un'acconciatura da far invidia allo regine di tarocco.

--Quel che s'ha a fare, si faccia presto! disse il parroco; tu,
Batacchio, va a svegliare tua moglie; ella stira perfettamente ed è
donna da serbare un segreto. Don Fulgenzio, che quando vuole sa
mettere il miele tra i punti e le virgole, scenderà nel salottino a
interceder grazia dalla signora... Poi, si andrà in sagrestia a
rivestire la santa, e all'ora della messa pontificale ogni cosa sarà
in ordine. Vi pare che io dica bene?

Don Fulgenzio in quattro salti fu al fondo della scala.

Una commozione non mai provata agitava i suoi nervi. Svegliare una
donna! Per un prete, confessiamolo, la missione era delicata e non
scevra di pericoli.

Bussò leggermente all'uscio del salottino.

Nessuna risposta.

Bussò una seconda volta: silenzio.

Don Fulgenzio sentiva i brividi dell'ignoto.

Alla fine, dischiudendo la porta leggermente, come un ignoto ladro od
un amante _furtivo_, spinse innanzi la testa,

Il salottino era buio...

Atterrito dalle tenebre e dal silenzio, don Fulgenzio si avanzò sulla
punta dei piedi e aperse le imposte.

--Bontà divina! esclamò il prete dando un balzo che lo inchiodò alla
parete.

Al prorompere della luce era insorto da un angolo della stanza un
vagito stridulo e mordente, e gli occhi di don Fulgenzio, vitrei,
spalancati, grossi di linfe epatica, si affissavano con terrore sovra
un bambinello color scarlatto, che scalpitava come un piccolo ossesso
tra le ripiegature di un tovagliolo.

L'inaspettato istupidisce; il misterioso terrifica.

Don Fulgenzio voleva gridare, voleva fuggire; ma la voce non gli
usciva dalla strozza, le gambe non lo reggevano.

Egli era preso da una vertigine di stupore e di sgomento.

Il parroco ed il sacrista, dopo aver atteso un quarto d'ora l'esito
dell'ambasciata, discesero a loro volta nel salottino. La loro
sorpresa al vedere un neonato laddove immaginavano di trovare una
signora, fu pari a quella che aveva colpito don Fulgenzio.

Rimasero a bocca aperta, impietriti. L'espressione di quei tre volti
da prete e da sagrestano era identica come identiche le apprensioni e
le congetture. Il sole (perfino il sole, è tutto dire!) affacciandosi
alla finestra sonnolento e stralunato, faceva degli sberleffi non più
veduti.

Alla fine, il parroco, che dei quattro personaggi colà adunati era il
solo che avesse ancora la testa a segno, prese gravemente la parola:

--Degli avvenimenti inesplicabili si succedono d'ora in ora, di minuto
in minuto, sotto i nostri occhi; avvenimenti quasi miracolosi, nei
quali io sarei lieto di riconoscere il provvidenziale intervento della
mano celeste, se non avessi la ferma convinzione che l'influenza
tenebrosa di Satana vi abbia parte. Batacchio: prendetevi fra le
braccia quel marmocchio e vedete se vi riesce di calmarlo... Le sue
strida mi spezzano il filo delle idee...

--Ciò che più urge, secondo il mio debole avviso, sarebbe di
provvedere al collocamento di questo effetto mobile, esportandolo
dalla nostra casa colla maggior sollecitudine. I tempi sono tristi, la
stampa imperversa sul clero, e questo effetto potrebbe divenir causa
di scandalo. A momenti deve giungere il vescovo.... Che direbbe
monsignore, se al metter piede in queste soglie, avesse a sorprendere
questo frutto di provenienza sospetta che può dar luogo ai più
sfavorevoli commenti?

--Un cuore mondo e una coscienza illibata non temono il giudizio degli
uomini, nè il giudizio di Dio!

Questa sentenza, proferita con accento solenne, era partita dalla
soglia del salottino.

Tutti gli occhi si volsero da quel lato.

Un nuovo personaggio dall'aspetto maestoso, avvolto in una zimarra
nera filettata di seta rossiccia, con una croce d'oro pendente sul
petto, infine... (affrettiamoci a presentarlo) monsignor De-Guttinga,
vescovo di Rosinburgo, era apparso sulla soglia.


Questa nuova sorpresa, dopo le tante che si eran succedute in quella
casa da mezzanotte al mattino, non produsse negli astanti lo stupore
che il degno prelato si attendeva. Le grandi commozioni si elidono.

--Per snodare le gambe, riprese il vescovo colla sua voce rotonda e
pastosa da prelato soddisfatto, son sceso dalla carrozza all'ingresso
del paese ed ho proseguito a piedi fino al vostro tetto. Nella mia
lunga carriera ecclesiastica mi son preso parecchie volte questa
licenza tollerata dai canoni, onde evitare le dimostrazioni chiassose
e le cerimonie stucchevoli; ma giammai mi è accaduto di sorprendere un
parroco, un coadiutore ed un sagrestano, che in una giornata di grande
solennità, al momento in cui la chiesa reclama più urgentemente i loro
uffici, stessero raccolti in un salotto a deliberare sui mezzi di
sottrarre un neonato alla vista del loro vescovo. Don Calendario!!!
attendo una spiegazione!!!

L'onesto parroco, di tal guisa interpellato, senza ostentazione, colla
franchezza dell'uomo incolpevole, espose in brevi parole i fatti che
noi sappiamo.

--La notte scorsa, mentre imperversava l'uragano, una signora venne a
chieder ricetto...

--L'esordio è romanzesco, e mi interessa vivamente.

--Noi l'abbiamo ricoverata, le abbiamo prestato i nostri abiti, le
abbiam permesso di passare la notte in questo salottino.

--Fin qui non trovo argomento di censura.

--Questa mattina don Fulgenzio discende per dar la sveglia alla
signora, e in luogo della signora, trova su quel divano il bambinello
che qui vedete.... Il fatto ci parve così strano, così fuori
dell'ordine naturale...

--Il fatto sarebbe più strano, interruppe il vescovo che amava la
barzelletta, se la persona che vi ha lasciato in deposito
quell'oggetto fragile fosse stato un maschio piuttosto che una
femmina... Don Calendario: so che siete un onest'uomo, un sacerdote
esemplare, ed io presto piena fede alle vostre leali spiegazioni. Ciò
che vi ha di poco naturale nella graziosa istoriella che avete narrata
è che voi, ammettendo nella casa una persona sconosciuta, non
l'abbiate richiesta del nome.

--È vero! non ci abbiamo pensato, disse il parroco, e frattanto, ella
se n'è andata coi nostri abiti indosso...

--Coi vostri abiti indosso!... Ma... dunque... le sue vestì?...

--Son là sopra, nell'anticamera; e vi giuro, monsignore, che mai non
mi è accaduto di vedere un più splendido abbigliamento di donna.

--Ma non avete qualche indizio? non avete tentato di scoprire?... Su
quelle gonne non vi era una cifra?...

--Ah! sclamò don Fulgenzio battendosi la fronte; vedete lo smemorato!
Ma... sicuro! Nelle taschetto della sottana c'era un portafogli... Io
l'ho levato prima di mettere i drappi ad asciugare, e l'ho posto sul
traversino del portapanni.

--Presto, dunque! andate a prendere quel portafogli!... Che volete,
figliuoli? Nella mia lunga carriera ecclesiastica non ho mai sentito
vibrare così potentemente gli stimoli della curiosità... Si direbbe un
presentimento.... Ma.... ecco don Fulgenzio col portafogli... Bravo!
date qua! apriamo... Delle carte... una ricevuta del Monte... due
biglietti del lotto... un biglietto di visita... sì, questo è un
biglietto di visita... Ora sapremo il nome... Leggiamo, cioè...
leggete voi, don Calendario.... Ho dimenticato gli occhiali nella
carrozza... Nella mia lunga carriera ecclesiastica ciò non mi è
accaduto che due volte.

Don Calendario prese la cartolina, e facendo spiccare le sillabe,
declinò il nome della contessa Anna Maria di Karolystria.

--La contessa!... Anna Maria! esclamò il vescovo balzando innanzi due
passi.

--La contessa Anna Maria di Karolystria, ripetè il parroco avanzandosi
per sorreggere il monsignore che pareva vacillasse sotto il peso di
una forte commozione.

--La contessa di Karolystria!... Mia nipote!... Me l'ero figurato!...
Non c'è che lei, non c'è che lei per giuocare di queste farse!
Sagrestano: tenete ritto quel bambino... badate che non caschi.... che
non si sciupi.... Caspita! è un mio pronipote.... Sì! sì! voglio darmi
la soddisfazione di battezzarlo io... Frattanto, muovetevi... fate di
trovare una balia... in mancanza di balia una capra... una lupa...
Romolo fu ben allattato da una lupa... Su, dunque! spicciatevi! Ma
dove sarà andata a ficcarsi la contessa? Bisogna cercarla... condurla
qui... rivestirla dei suoi panni... Nella mia lunga carriera
ecclesiastica non ricordo di aver mai provata una scossa più violenta
di questa.

Così parlando, il vescovo si era lasciato cadere su di una poltrona.

Gli astanti, attoniti, confusi, preoccupati da altre urgenze
gravissime, in luogo di affrettarsi ad eseguire gli ordini ricevuti,
facevano delle pazze evoluzioni intorno alla tavola, tornando sempre
sul posto d'onde erano partiti.

A crescere gli imbarazzi, a produrre un più strano scompiglio nelle
idee, intervenne un nuovo personaggio.

Era un bell'uomo, di struttura atletica, dall'occhio grifagno, che
portava l'allarmante divisa dei commissari di polizia.

Entrato, fece un inchino a sua eminenza, e avanzandosi con militare
spigliatezza, disse di avere un dispaccio da consegnare al reverendo
parroco del paese.

--Donde viene questo dispaccio? chiese il vescovo ansiosamente.

--Ho mille ragioni per credere che sia piovuto dal cielo, rispose il
commissario sorridendo. Mi è caduto sul naso poco fa, mentre stavo in
agguato dietro il campanile spiando lo mosse di un nihilista... Sulla
soprascritta c'era l'indirizzo del signor parroco, e mi sono
affrettato...

--Nessuno si muova! gridò il vescovo lanciando un'occhiata
significante sul commissario; probabilmente in quel dispaccio si
contengono delle rivelazioni d'importanza, che daranno un gran da fare
a noi tutti. Leggete, don Calendario!

Il parroco sciolse il piego, e lesse a voce alta:

«Passeggiando per diporto sulla cima del campanile, e colpito
proditoriamente da un sacro bronzo nelle adiacenze dell'osso parimente
sacro, mi trovo ridotto all'assoluta impotenza di scendere colle mie
forze da questa alta ma altrettanto falsa posizione. Faccio dunque
appello alla nota carità di V. S. reverendissima, acciò voglia
affrettarsi a mandare quassù il miglior medico del paese, perché
esamini la mia ferita, giudichi e provveda a norma del caso.

»In attesa di pronti soccorsi, la ringrazio anticipatamente ed ho
l'onore di segnarmi

»Conte BRADAMANO DI KAROLYSTRIA.»

Quella lettera sollevò un mormorio.

--Silenzio tutti! tuonò il vescovo balzando dalla seggiola; dinanzi a
una complicazione sì arruffata, convien riflettere al nesso piuttosto
che alla singolarità degli accidenti, e procedere alla scoperta del
vero rimontando dal noto all'incognito. Ora, agli altri accidenti noti
si aggiunge quello di uno stordito che va a passeggiare in cima d'un
campanile mentre il suo posto dovrebb'essere al capezzale della moglie
o presso

la culla del suo primogenito.... Vediamo se ci riesce, col sistema
delle induzioni, di trovare la spiegazione logica di una coincidenza
così anormale.

--Perdoni l'eminenza vostra colendissima, disse il commissario
inchinandosi rispettosamente, se ardisco esporle un precedente dal
quale potrà riflettersi qualche luce sull'avvenimento che la
preoccupa. A noi consta che sua eccellenza il conte Bradamano di
Karolystria va da qualche tempo soggetto a degli accessi di pazzia
furiosa. Ieri sera, a Borgoflores, è occorso a me, che ho l'onore di
parlarvi, di assistere ad una scena... Basti dire che il signor conte
era siffattamente uscito di senno, da non riconoscere la propria
moglie, e ha dato in tali escandescenze, da obbligarmi ad invocare lo
intervento delle guardie del manicomio.

--Ora comincio a comprendere, disse il vescovo; povera contessa!
disgraziata nipote! Maritata ad un pazzo!... Io già ne sapeva qualche
cosa... Fortunatamente le leggi provvedono... Dio! chi mi aiuta a
raccoglier le fila di questa matassa?...

Ma il buon prelato non ebbe tempo di raccogliere un sol filo, che un
elegante zerbinotto, seguito da un domestico, entrò nella sala.

Era un biondo dal profilo delicato, dalla tinta rosea, dagli occhi
sfavillanti. Due baffi esagerati, da pompiere libertino, costituivano
il solo accessorio canagliesco del suo volto aristocratico e geniale.

Salutò gli astanti con garbo disinvolto, da uomo pressato di
andarsene; e facendo avanzare il domestico che recava sulle braccia un
involto, gli accennò di posarlo sulla tavola.

Non farò a' miei lettori il torto di dubitare ch'essi non abbiano,
sotto l'ombra dei baffi posticci, riconosciuto il visconte Daguilar.

--La illustrissima signora contessa di Karolystria, disse il visconte,
mi diè incarico di restituire a codesti egregi sacerdoti i venerandi
indumenti che ieri notte si compiacquero di prestarle; la signora
contessa desidera parimenti che i suoi degni ospiti, a pegno della sua
riconoscenza, serbino le vesti da lei smesse per farne quell'uso che
alle loro signorie reverendissime potrà sembrare più utile.

A tali parole, il parroco, in un guizzo di gioia, strizzò l'occhio al
sagrestano, e questi, trasmesso a don Fulgenzio il marmocchio, lesto
come uno scoiattolo uscì dal salottino.

--Finalmente i gruppi vengono al pettine! esclamò il vescovo
fregandosi le mani allegramente, ora potremo anche sapere dove sia
andata a nicchiarsi quella pazzarella di nostra nipote, le cui
sventatezze ci tengono in tanta apprensione.

--La signora contessa di Karolystria è alloggiata all'albergo del
_Pappagallo_, disse il visconte; è arrivata questa mattina innanzi
giorno, e mi duole di dover soggiungere ch'essa è alquanto sofferente.

--Lo credo, io! disse il vescovo lanciando un'occhiatina dolce al
bambino; questa sera, dopo i vespri, andrò da lei... Frattanto,
vediamo di sbrigare l'altre faccende. Il conte di Karolystria reclama
dal campanile la visita di un medico... Malgrado i suoi molti torti,
egli è pure un cristiano come noi, ed è giusto che gli prestiamo
assistenza... Si tratta anche di constatare se il cervello di quel
disgraziato versi, come afferma il signor commissario qui presente, in
condizioni anormali; nel qual caso si penserà immediatamente a
separarlo dalla moglie con un atto regolare di divorzio... Dunque...
all'opera! qualcuno vada in cerca del medico...

--Di questo mi incarico io, disse il visconte....

--Sarebbe altresì a desiderarsi, proseguì il vescovo con accento più
mite, che altri si incaricasse di presentare a quel padre disgraziato
il primo frutto dei suoi travagli legittimi...

--Anche di questo mi incarico io! replicò il visconte, impossessandosi
del neonato.

--Voi!... voi!... sempre voi!... esclamò il vescovo con un movimento
di impazienza--ma... noi... noi... anche noi... Non si potrebbe, per
grazia, aver l'onore di conoscere il riverito nome di vostra signoria?

--Io mi chiamo Ludovick, e discendo dalla illustre famiglia dei
visconti Daguilar di Salispana.

--Daguilar!... non mi è nuovo questo nome.... Credo anzi che un
Daguilar abbia sposato in terze nozze una de Guttinga di
Birtoldania... Sta a vedere che siamo parenti!

--Tutto mi induce a supporto, disse il visconte baciando
rispettosamente l'anello sulla mano che il vescovo gli stendeva.

--Dunque... se non m'inganno... abbiamo pensato a tutto. Voi,
commissario, accompagnerete il visconte ed il medico nella loro
escursione al campanile. Sarà bene che assistiate al consulto per
inviare subito un rapporto alla prefettura... Nella mia lunga carriera
ecclesiastica mi è sovente accaduto...

Ma questa volta l'intercalare favorito del vescovo venne troncato a
mezzo da un rumore partito dal cortile,

Erano le carrozze che conducevano il caudatario, il crocifero ed altri
prelati del seguito di sua Eminenza. La casa parrocchiale brulicava di
clero e di popolo.

Di là a pochi minuti, monsignore De Guttinga saliva agli appartamenti
superiori conversando col visconte a voce animatissima, e traendo
dietro i suoi passi una coda di prelati.

Don Fulgenzio, attraversando l'anticamera, notò con soddisfazione che
gli abiti della contessa non erano più là.

Il degno sagrestano aveva compreso la sua strizzata d'occhi; si era
impossessato di quegli abiti, li aveva fatti ripulire e stirare dalla
moglie, ed ora, nella sagrestia, stava compiendo con quelli la
trasfigurazione di santa Dorotea.