Barba Giove disse un giorno: - Vengan quanti al mondo sono animali malcontenti e ciascun di lor mi parli senza fare complimenti, ch'io vedrò dal mio gran trono se si possa contentarli -. Il babbione per suo conto si dichiara arcicontento senza tema di confronto. Una bestia, figurarsi! che cammina a quattro mani, così bella e di talento, non sarebbe un'ingiustizia se volesse lamentarsi? Ma una grande compassione egli sente in cor per l'orso, che gli sembra un così stupido materiale bestïone, così rozzo e disadatto, che i pittori si rifiutano fin di pingerne il ritratto. L'orso subito protesta contro questa insinuazione. Quel che a lui sembra mal fatto, corto in coda e grosso in testa, una macchina pesante senza garbo e proporzione, è piuttosto l'elefante. A sua volta anche costui, ch'è un buonissimo pedante, dice mal della balena tutta schiena, tutta schiena. Ogni mal è del vicino, e per essere discreti fa l'istesso panegirico la formica al moscherino. Barba Giove soddisfatto li rimanda in santa pace. Per venire adesso al fatto non vi sembra che a un dipresso anche noi facciam lo stesso? Linci a scorgere del prossimo i difetti, siamo poi talpe cieche sol per noi.
Quando viene in questa valle porta ognuno sulle spalle una duplice bisaccia. Dentro a quella che sta innanzi volentieri ognun di noi i difetti altrui vi caccia, e nell'altra mette i suoi.