La vita di una persona di Montreal di lingua inglese cresciuta nella parte ovest della città negli anni '50 non era molto diversa dalla vita dei nordamericani di lingua inglese altrove nel continente. Per mostrare il loro impegno per la nostra nuova patria, i miei genitori decisero che avrebbero parlato solo inglese con me e mio fratello. Ho frequentato una scuola inglese, ho avuto solo amici inglesi, ho ascoltato la radio inglese, ed ho guardato la televisione inglese. Di conseguenza, all'età di diciassette anni nel 1962, avevo solo una capacità molto limitata di esprimermi in francese. Naturalmente abbiamo studiato il francese a scuola. Ho superato tutte le mie classi di francese a pieni voti, ma non ero in grado di “funzionare” in francese nel mondo reale. La maggior parte del milione di abitanti di Montreal di lingua inglese all'epoca non erano interessati a comunicare in francese con i due milioni di cittadini loro compagni di lingua francese. L'inglese era la lingua degli affari e la lingua dominante del continente nordamericano. Non facevo eccezione a quest'atteggiamento generale. Eravamo difficilmente coscienti della più ampia comunità di francesi che ci circondava. Tutto questo sembra strano ora, ma a quell'epoca era abbastanza esatto parlare di “due solitudini” a Montreal. Dovrei far notare che la realtà di Montreal era cambiata negli ultimi quarant'anni. Gli abitanti di Montreal di lingua inglese sono ora la maggior parte delle persone bilingui in Canada. Il francese è stato reso importante e utile a causa dei cambiamenti politici nella Provincia del Quebec. Di conseguenza, Montreal è una città vivace con una propria atmosfera unica.
Qui c'è un punto importante. Ovviamente è un vantaggio per uno studente di lingue vivere in un ambiente in cui la seconda lingua viene parlata. Tuttavia, questo non garantisce l'acquisizione della lingua. Si deve avere un atteggiamento positivo verso la lingua e la cultura che si sta cercando di imparare. Non si può imparare a comunicare se si dipende da un'aula di scuola in cui l'obbiettivo è di cercare di superare i test. Solamente un desiderio spontaneo di comunicare con un'altra cultura può assicurare la riuscita nell'apprendimento delle lingue. Nel 1961, quando avevo sedici anni, trascorsi l'estate da mio zio Fritz a Stoccolma. Mia mamma morì nel maggio di quell'anno. Fritz era suo fratello ed erano stati particolarmente uniti, anche se vivevano lontano l'uno dall'altro. Trascorrere il tempo con lui mi consolava per la perdita di mia madre. Mio zio, e sua moglie Lore, mi erano molto affezionati, quasi come se fossero i miei genitori. All'inizio quando arrivai non parlavo svedese, con molto disappunto del mio giovane cugino, Tommy, che aveva sei anni a quell'epoca. In macchina ritornando dall'aeroporto di Stoccolma dove erano venuti a prendermi gridava perché non riusciva a comunicare con il suo cugino più grande del Canada. Un giorno avrebbe parlato fluentemente l'inglese, ed io avrei parlato fluentemente lo svedese. Ma questo sarebbe accaduto più tardi.
Fritz mi trovò un lavoro per un mese in un reparto di un negozio all'ingrosso. Là ho imparato un po' di svedese dai miei colleghi di lavoro. Mi sarei occupato più avanti di lavorare intensamente per sviluppare il mio vocabolario relativo allo svedese per riuscire ad utilizzarlo socialmente e professionalmente. Ma imparare lo svedese non era la mia principale preoccupazione quell'estate. Ho trascorso ore conversando con Fritz, in inglese, imparando i dettagli della vita nella piccola città di Prostiov, Cecoslovacchia, dove i miei genitori e Fritz erano cresciuti.
I miei genitori sono nati in quello che era allora l'impero austro-ungarico ed appartenevano ad una comunità ebrea che era tedesca da un punto di vista culturale e linguistico. La vita sociale della comunità ebrea era centrata attorno alla caffetteria locale chiamata Deutches Haus o German House. Quando i miei genitori erano piccoli, Goethe, Schiller e Beethoven erano gli dei della cultura e Vienna era il centro dell'universo. Dopo la costituzione dello stato indipendente cecoslovacco, i miei genitori furono mandati a una scuola ceca, ed i compositori Dvorak, Smetana ed i leader politici Benes e Masaryk entrarono a far parte del loro panteon. I miei genitori così erano cresciuti parlando tedesco e ceco e impararono anche l'inglese ed il francese. Ciò era normale a quell'epoca e in quel luogo. Ma per me, una generazione successiva, crescendo nel Nord America, era abbastanza normale parlare solo inglese. Il mio punto di vista sarebbe cambiato.
La Svezia è il luogo in cui i miei genitori trascorsero i primi dodici anni del loro matrimonio dal 1939 al 1951, e dove mio fratello ed io siamo nati. Mio padre, un chimico per vernici, aveva ottenuto un lavoro come direttore della produzione in una fabbrica di vernici a Lidingo, un piacevole sobborgo di Stoccolma. Grazie alla Svezia, i miei genitori scapparono dal destino che attendeva la comunità ebraica della Cecoslovacchia dopo l'invasione tedesca del 1939. Mio zio Fritz, che ha partecipato alla guerra nell'esercito inglese, riuscì ad unirsi ai miei genitori in Svezia nel 1946. Ho buone ragioni per nutrire un particolare affetto nei confronti della Svezia. Ma è stata la mia capacità di parlare correttamente lo svedese, che ho sviluppato successivamente, che ha reso il mio rapporto con la Svezia e con gli svedesi particolarmente rimunerativo e piacevole.
Mio padre emigrò dalla Svezia in Canada perché era preoccupato che l'Unione Sovietica potesse occupare molte regioni dell'Europa. Come è spesso il caso degli immigrati, non fu in grado di trovare un lavoro inerente alla sua professione in Canada. Invece iniziò un piccolo business, importando vestiti dall'Europa. Alla fine della mia estate in Svezia accompagnai mio padre in parte dei suoi viaggi d'affari in Italia e Francia prima di ritornare in Canada. Volammo da Stoccolma a Milano e da lì prendemmo il treno ed un piccolo battello per trascorrere un weekend in un bellissimo piccolo hotel sul lago di Como. Seguii poi mio padre a Firenze dove doveva incontrare dei fornitori. Questa città attiva rinascimentale circondata da pendii di ville e da alti eleganti cipressi mi sembrò un paesaggio tratto dai libri di storia. Volammo poi verso Nizza. Là, la sera prima di ritornare a casa, cenai con mio padre in un ristorante di fronte al porto nella Riviera francese. Le luci si allungavano per tutta la linea costiera frastagliata del Mediterraneo tanto lontano quanto l'occhio poteva vedere in entrambe le direzioni. Era come se le luci mi invitassero ad esplorare ancora un'altra baia, ancora un'altra città. Ritornai a Montreal ed ero una persona diversa. L'improvvisa presa di coscienza dell'esistenza di un immenso mondo emozionante da scoprire fu per me un'illuminazione. “ L'illuminazione è il trionfo dell'essere umano sull'immaturità imposta da lui stesso”. (Immanuel kant) 1783) Quell'autunno, all'età di diciassette anni, entrai alla McGill University. Uno dei miei corsi era sulla civilizzazione francese, insegnata da un professore sarcastico ma stimolante di nome Maurice Rabotin. Egli cambiò la mia vita. Mi interessarono improvvisamente la letteratura ed il teatro francese. Insieme a questo arrivò un interesse per i cantanti francesi, il cibo francese e la ambiance della cultura francese. Improvvisamente mi trovai ad avere a che fare con la lingua “reale” e le persone “reali”. Il nostro insegnante era veramente francese, non una persona di lingua inglese che insegna il francese, come al liceo. I testi che leggevamo erano libri “reali”, non libri di testo in francese preparati in modo particolare per gli studenti di lingue.
Forse perché era per me nuova, la cultura francese mi sembrava più libera e spontanea rispetto alla cultura nordamericana di lingua inglese con cui ero cresciuto. Era un mondo esotico nuovo. Improvvisamente volevo imparare il francese. Andai al teatro francese, mi feci degli amici di lingua francese e cominciai a leggere i giornali francesi e ad ascoltare la radio francese. Diventai cosciente dei problemi che riguardavano i cittadini di lingua francese miei compagni e, grazie alla partecipazione a riunioni e discussioni, le mia capacità nella lingua francese migliorarono spontaneamente. Acquisii anche una certa conoscenza delle aspirazioni e delle ingiustizie relative agli abitanti del Quebec di lingua francese.
I sei milioni circa di abitanti del Quebec di lingua francese, discendenti da alcune decine di migliaia di coloni francesi del 17° secolo, erano successivamente diventati una società conservatrice e chiusa in se stessa in quanto meccanismo di autoprotezione contro la crescente influenza del Nord America di lingua inglese. La lingua francese e la religione cattolica erano i pilastri della loro identità.
I loro atteggiamenti conservatori nei confronti dell'educazione e della società moderna li posero in una condizione di svantaggio in confronto ai canadesi di lingua inglese, persino all'interno della loro stessa provincia del Quebec. Naturalmente la minorità di lingua inglese nel Quebec non era che molto felice di beneficiare di questa loro debolezza per dominare in tutte le aree dell'attività economica. Anche se controllavano la politica, le persone di lingua francese erano cittadini di seconda classe nella loro stessa patria.
Un punto dolente più importante era il livello basso della lingua francese. A partire dal 1960, un movimento nazionalista in crescita basato sui diritti della lingua francese e su un programma costruttivo di secolarizzazione, modernizzazione e attivismo politico portò significativi cambiamenti nella provincia. La maggior parte di questi cambiamenti sono stati positivi, anche se ci furono esempi di difesa eccessiva della lingua francese. La società di lingua francese del Canada, ed il Quebec in modo particolare, hanno le loro proprie caratteristiche. Gli sforzi per preservare la sua identità culturale sono giustificati. Nuovi immigrati si stanno unendo a questa comunità di lingua francese e stanno portando nuove influenze dal momento che la natura di questa società continua ad evolversi, proprio mentre gli immigrati si stanno unendo e stanno ridefinendo il Canada inglese.
Il francese fu la prima lingua che cominciai a studiare seriamente. Non ero proprio sicuro di quanto fluentemente sarei riuscito a parlarlo. Non posso dire che ero sicuro che sarei riuscito a parlarlo quasi come un madrelingua. Questa sicurezza sarebbe arrivata più tardi. Molto più tardi, quando iniziai a studiare le altre lingue, avevo sempre la sicurezza che avrei potuto imparare a parlare una lingua tanto fluentemente quanto volevo. Una volta che si conosce alla perfezione una nuova lingua si acquisisce la sicurezza necessaria per approfondire le altre lingue. Si costruisce la propria sicurezza imparando.
Riuscii a parlare fluentemente il francese abbandonando l'approccio tradizionale volto a cercare di perfezionare la mia grammatica. Non importava più la perfezione, ma solo la comunicazione. Non mi dispiaceva più l'apprendimento delle lingue. Leggevo quello che mi piaceva anche se non capivo tutto. Parlavo con le persone che mi interessavano, cercando con tutte le mie forze di capire e di farmi capire. Mi interessava per lo più entrare in contatto con la cultura. Cominciai anche ad apprezzare il suono e la struttura della nuova lingua. Quando passi da un atteggiamento di opposizione nei confronti della stranezza di una lingua ad un atteggiamento di apprezzamento dei suoi modi unici di espressione e delle frasi idiomatiche, sei sulla buona strada per diventare un linguista.