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"Cuore" - Capitolo 3: Dicembre, In casa del ferito. 18, domenica

In casa del ferito 18, domenica È con la maestra dalla penna rossa il nipotino del vecchio impiegato che fu colpito all'occhio dalla palla di neve di Garoffi: lo abbiamo visto oggi, in casa di suo zio, che lo tiene come un figliuolo. Io avevo terminato di scrivere il racconto mensile per la settimana ventura, Il piccolo scrivano fiorentino , che il maestro mi diede a copiare; e mio padre mi ha detto: - Andiamo su al quarto piano, a veder come sta dell'occhio quel signore. - Siamo entrati in una camera quasi buia, dov'era il vecchio a letto, seduto, con molti cuscini dietro le spalle; accanto al capezzale sedeva sua moglie, e c'era in un canto il nipotino che si baloccava. Il vecchio aveva l'occhio bendato. È stato molto contento di veder mio padre, ci ha fatto sedere e ha detto che stava meglio, che l'occhio non era perduto, non solo, ma che a capo di pochi giorni sarebbe guarito. - Fu una disgrazia, - ha soggiunto; - mi duole dello spavento che deve aver avuto quel povero ragazzo. - Poi ci ha parlato del medico, che doveva venir a quell'ora, a curarlo. Proprio in quel punto, suona il campanello. - È il medico, - dice la signora. La porta s'apre... E chi vedo? Garoffi col suo mantello lungo, ritto sulla soglia, col capo chino, che non aveva coraggio di entrare. - Chi è? - domanda il malato. - È il ragazzo che tirò la palla, - dice mio padre. - E il vecchio allora: - O povero ragazzo! vieni avanti; sei venuto a domandar notizie del ferito, non è vero? Ma va meglio, sta tranquillo, va meglio, son quasi guarito. Vieni qua. - Garoffi, confuso che non ci vedeva più, s'è avvicinato al letto, forzandosi per non piangere, e il vecchio l'ha carezzato, ma egli non poteva parlare. - Grazie, ha detto il vecchio, - va pure a dire a tuo padre e a tua madre che tutto va bene, che non si dian più pensiero. - Ma Garoffi non si moveva, pareva che avesse qualcosa da dire, ma non osava. - Che mi hai da dire? che cosa vuoi dire? - Io... nulla. - Ebbene, addio, a rivederci, ragazzo; vattene pure col cuore in pace. Garoffi è andato fino alla porta, ma là s'è fermato, e s'è volto indietro verso il nipotino, che lo seguitava, e lo guardava curiosamente. Tutt'a un tratto, cavato di sotto al mantello un oggetto, lo mette in mano al ragazzo, dicendogli in fretta: - È per te, - e via come un lampo. Il ragazzo porta l'oggetto allo zio; vedono che c'è scritto su: Ti regalo questo ; guardan dentro, e fanno un'esclamazione di stupore. Era l'album famoso, con la sua collezione di francobolli, che il povero Garoffi aveva portato, la collezione di cui parlava sempre, su cui aveva fondato tante speranze, e che gli era costata tante fatiche; era il suo tesoro, povero ragazzo, era metà del suo sangue, che in cambio del perdono egli regalava!

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In casa del ferito
18, domenica

È con la maestra dalla penna rossa il nipotino del vecchio impiegato che fu colpito all'occhio dalla palla di neve di Garoffi: lo abbiamo visto oggi, in casa di suo zio, che lo tiene come un figliuolo. Io avevo terminato di scrivere il racconto mensile per la settimana ventura, Il piccolo scrivano fiorentino, che il maestro mi diede a copiare; e mio padre mi ha detto: - Andiamo su al quarto piano, a veder come sta dell'occhio quel signore. - Siamo entrati in una camera quasi buia, dov'era il vecchio a letto, seduto, con molti cuscini dietro le spalle; accanto al capezzale sedeva sua moglie, e c'era in un canto il nipotino che si baloccava. Il vecchio aveva l'occhio bendato. È stato molto contento di veder mio padre, ci ha fatto sedere e ha detto che stava meglio, che l'occhio non era perduto, non solo, ma che a capo di pochi giorni sarebbe guarito. - Fu una disgrazia, - ha soggiunto; - mi duole dello spavento che deve aver avuto quel povero ragazzo. - Poi ci ha parlato del medico, che doveva venir a quell'ora, a curarlo. Proprio in quel punto, suona il campanello. - È il medico, - dice la signora. La porta s'apre... E chi vedo? Garoffi col suo mantello lungo, ritto sulla soglia, col capo chino, che non aveva coraggio di entrare. - Chi è? - domanda il malato. - È il ragazzo che tirò la palla, - dice mio padre. - E il vecchio allora: - O povero ragazzo! vieni avanti; sei venuto a domandar notizie del ferito, non è vero? Ma va meglio, sta tranquillo, va meglio, son quasi guarito. Vieni qua. - Garoffi, confuso che non ci vedeva più, s'è avvicinato al letto, forzandosi per non piangere, e il vecchio l'ha carezzato, ma egli non poteva parlare. - Grazie, ha detto il vecchio, - va pure a dire a tuo padre e a tua madre che tutto va bene, che non si dian più pensiero. - Ma Garoffi non si moveva, pareva che avesse qualcosa da dire, ma non osava. - Che mi hai da dire? che cosa vuoi dire? - Io... nulla. - Ebbene, addio, a rivederci, ragazzo; vattene pure col cuore in pace. Garoffi è andato fino alla porta, ma là s'è fermato, e s'è volto indietro verso il nipotino, che lo seguitava, e lo guardava curiosamente. Tutt'a un tratto, cavato di sotto al mantello un oggetto, lo mette in mano al ragazzo, dicendogli in fretta: - È per te, - e via come un lampo. Il ragazzo porta l'oggetto allo zio; vedono che c'è scritto su: Ti regalo questo; guardan dentro, e fanno un'esclamazione di stupore. Era l'album famoso, con la sua collezione di francobolli, che il povero Garoffi aveva portato, la collezione di cui parlava sempre, su cui aveva fondato tante speranze, e che gli era costata tante fatiche; era il suo tesoro, povero ragazzo, era metà del suo sangue, che in cambio del perdono egli regalava!